Название | Carovana |
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Автор произведения | Stephen Goldin |
Жанр | Научная фантастика |
Серия | |
Издательство | Научная фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788885356191 |
Era la Missione di San Fernando, una degli edifici di culto fondati nel diciottesimo secolo da Padre Junipero Serra lungo quello che era stato poi chiamato El Camino Real. In quanto chiesa cattolica, rappresentava una delle poche organizzazioni ancora operative nel mondo contemporaneo. La missione operava come un punto di distribuzione di cibo, e considerava come uno dei suoi compiti principali quello di sfamare gli indigenti. Era questo il motivo per cui moltitudini di poveri si erano stabiliti nel parcheggio sull’altro lato della strada.
Peter provava sentimenti contrastanti nei confronti delle chiese. Non essendo religioso, tendeva a non fidarsi di loro. Era vero che ora stavano facendo un lavoro molto buono, provvedendo non solo ai bisogni materiali —come la distribuzione di cibo— ma anche curando i bisogni spirituali e tenendo alto il morale. Con il peggioramento della situazione, le persone si sarebbero sempre più rivolte alla religione come fonte di conforto. Questo andava bene per il momento ma Peter non poteva fare a meno di ricordare la Chiesa medievale fosse cresciuta fino a diventare un monolite paralizzante, che incoraggiava la superstizione e schiacciava senza pietà ogni individualità. Se l’Umanità fosse riuscita a risollevarsi e a crescere ancora, la libertà di pensiero avrebbe dovuto essere una’assoluta necessità. Peter temeva che le chiese stessero portando un sollievo a breve termine e un’oppressione di lunga durata.
Sì fermò davanti alla missione e scese dalla bicicletta. Quello sembrava il posto migliore dove passare la notte. Poteva sfamarsi alla missione e poi dormire appoggiandosi al muro. Le notti potevano essere fresche a Los Angeles ma di solito non erano fredde in modo insopportabile. Uno dei suoi pochi averi—a parte il denaro, che era utile solo in modo occasionale—era la coperta che teneva nascosta nello zaino. Sarebbe stata più che sufficiente per tenerlo al caldo quella notte.
Cominciò a camminare, spingendo la bici verso la missione quando notò che stava accadendo qualcosa in una stradina laterale a ovest del muro dell’edificio. Un nero con una motocicletta era stato assalito da una banda di giovani bianchi.
“Penso sia da Pacoima,” stava dicendo uno dei teppisti. “venuto qui a spiarci, a cercare dove sono i nostri punti deboli. Forse lui e i suoi compari vogliono attaccarci per rubarci la benzina questa notte. Dolcezza, dove hai preso questa moto?”
Il nero era giovane, alto e spigoloso; in momenti più felici avrebbe potuto essere un giocatore universitario di pallacanestro. Indossava una canottiera rossa, pantaloni blu e una bandana rossa intorno alla fronte. Il suo volto era adornato da un pizzetto e da baffi neri crespi, e da una criniera di capelli corti e ricci. Aveva un’espressione di ribollente dignità. “Toccate quella motocicletta,” disse, “e vi intaglierò il discorso di Gettysburg su quel vostro culo candino come un giglio.” La sua voce era così bassa da risultare quasi impercettibile, ma trasmetteva un senso di forza.
Il gruppo di teppisti rimase sorpreso per un attimo, poi tutti cominciarono a ridere nervosamente. Erano nove contro uno. “Chi pensi di essere, negro, per venire qui e darci ordini?” chiese il capo, avvicinandosi di un passo. Il resto del branco fece lo stesso.
Con un movimento rapido, lo straniero infilò una mano nella tasca dei pantaloni, estrasse un coltello a serramanico e fece scattare la lama. Cominciò a muovere la mano facendo un piccolo cerchio davanti a sé, dando quasi l'impressione che la lama si stesse muovendo da sola. “Nessun ordine,” disse. “Solo un consiglio.”
I teppisti si fermarono ancora. La situazione si era fatta più seria, ed erano incerti sul da farsi. Il capo era nella posizione peggiore e non osava perdere la faccia davanti ai suoi scagnozzi. Così, dopo aver dato per un momento un’occhiata al coltello, raggiunse con calma la sua cintura ed estrasse la sua arma, una baionetta dell’esercito montata su un manico di legno. “Se vuoi giocare duro, possiamo farlo anche noi—vero, ragazzi?” Incoraggiati dal suo comportamento, gli altri estrassero i loro coltelli.
Peter si guardò intorno. Nessuno nel parco era in una posizione adatta per vedere quello che stava succedendo—o, se lo era, stava facendo di tutto per ignorarlo. Sentì una sensazione di nausea nello stomaco e la saliva in bocca diventò acida e amara. Controllò che il suo coltello fosse libero nel fodero, nel caso fosse stato necessario usarlo.
La banda stava circondando la sua preda, ma con meno sicurezza di quanto era logico aspettarsi. La vittima potenziale non era un qualche straniero indifeso spaventato dalle loro minacce, ma un uomo forte con un coltello affilato e, in apparenza, in grado di usarlo bene. Il gruppo cominciò ad avvicinarsi con cautela.
Il nero mantenne la posizione girandosi lentamente per non perdere di vista sia quelli dietro di lui sia quelli che gli erano di fronte. La mano col coltello si muoveva agile e restava puntata direttamente alla gola del capo.
Con un muggito simile a quello di un toro, il capo attaccò. Il nero lo schivò agevolmente e mosse il polso con un movimento apparentemente naturale e senza sforzo, Quando il capo si raddrizzò, Peter poté vedere che c’era un profondo squarcio sul suo orecchio sinistro e che stava sanguinando copiosamente. “Il prossimo,” disse il nero, ridendo.
In tre lo attaccarono da direzioni diverse. Uno ricevette un rapido calcio all’inguine che lo fece piegare in due; il secondo si trovò a colpire l’aria mentre la vittima che si era girata di scatto abbassava con forza la lama sulla mano del terzo. “Forza,” urlò il capobanda. “Cosa siamo? Un gruppo di polli? Facciamolo fuori!”
Attaccarono tutti contemporaneamente, pur mostrando un gran rispetto per la forza dell’avversario. Il nero aveva braccia più lunghe della maggior parte di loro e riuscì a tenerli momentaneamente a bada con i suoi fendenti, ma non poteva farcela a lungo contro un numero maggiore di persone.
Peter non era un combattente molto bravo anche se aveva dovuto fare molta pratica nel corso dell’anno precedente. Di solito, se poteva, evitava le risse, ma questa era una di quelle situazioni che non poteva ignorare se voleva continuare a vivere in pace con la propria coscienza. Estraendo il suo coltello ed emettendo un urlo, si gettò nella mischia.
La banda fu colta di sorpresa da questo attacco proveniente da un'altra direzione e per un attimo si fermò, dando a Peter un vantaggio di cui aveva gran bisogno. Ne mise fuori combattimento uno con una rapida pugnalata al fianco, sotto le costole. Passando al successivo, lo colpì in faccia, appena sopra il sopracciglio. Il sangue zampillò dal taglio e finì nell’occhio, accecando il ragazzo e facendogli credere di aver perso l’occhio. Cadde a terra, urlando.
Il nero non aveva avuto esitazioni come gli aggressori. Il suo coltello aveva continuato a tenerli lontani, lasciandoli sulla difensiva. Ora, però, si erano ripresi dalla sorpresa dell’attacco di Peter, e stavano a loro volta lanciando una controffensiva. Peter si trovò ad affrontare due grossi tipi minacciosi dallo sguardo assassino. Senza poter contare sull'effetto sorpresa, gli altri due erano senza dubbio due combattenti migliori. Peter lentamente indietreggiò per allontanarsi da loro finché si trovo con la schiena appoggiata al muro della missione. Gli altri due continuarono ad avvicinarsi a lui, con un ghigno feroce sui loro volti.
Quello alla sua sinistra si scagliò contro di lui. Peter cercò di scansarlo, ma non fu abbastanza veloce —il coltello dell'aggressore lo colpì sulla parte superiore del braccio sinistro, il dolore si irradiò su tutto il suo corpo. Il sangue cominciò a uscire dalla ferita, macchiando la sua camicia già sporca, ma Peter non aveva tempo per preoccuparsene —stava lottando per la sua vita.
La sua giravolta lo aveva messo in una cattiva posizione, perché ora aveva il suo lato sinistro verso l'esterno e quello destro —con la mano che teneva il coltello—verso il muro. Fu costretto ad abbassarsi rapidamente perché il secondo aggressore, vista la possibilità, stava mirando alla sua testa. La lama sibilò a pochi millimetri dai capelli di Peter.
Nel tentare quel colpo, però, il teppista aveva aperto la guardia. Peter si lanciò in avanti e piantò il suo coltello nello stomaco dell’aggressore. L’uomo si lasciò sfuggire un grido di dolore e si accasciò lentamente.