Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6
Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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in Affrica, Demetriade prese il sacro velo, e fece voto di virginità; fatto, che fu risguardato come della massima importanza per Roma e pel Mondo. Tutti i Santi le scrissero lettere di congratulazione; sussiste ancora quella di Girolamo (Tom. I. p. 62-73. ad Demetriad. de servand. virginit), la quale contiene un miscuglio di assurdi ragionamenti, di spiritose descrizioni, e di curiosi fatti, che si riferiscono all'assedio ed al sacco di Roma.

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Vedi il patetico lamento di Girolamo (Tom. V. p. 400) nella sua Prefazione al secondo libro de' comentari sul Profeta Ezecchiello.

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Orosio fa questo paragone, sebbene con qualche parzialità (lib. II. c. 19. p. 142, l. VII. c. 39. pag. 575); ma nell'istoria della presa di Roma fatta da' Galli tutto è incerto, e forse favoloso. Vedi Beaufort sur l'incertitude etc. de l'Hist. Rom. p. 356, e Melot nelle Mem. dell'Accad. delle Iscriz. Tom. XV. p. 1-21.

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Il Lettore, che brama informarsi delle circostanze di questo famoso fatto, può leggerne un'ammirabile narrazione nell'istoria di Carlo V del Dott. Robertson Vol. II. p. 283, o consultare gli Annali d'Italia del dotto Muratori T. XIV. p. 236-244 dell'ediz. in 8. Se vuole esaminare gli originali, può ricorrere al libro 18 della grande ma non finita storia del Guicciardini. Ma il ragguaglio, che più veramente merita il nome d'autentico ed originale, è un piccolo libro intitolato: Il sacco di Roma, composto dentro il termine di meno d'un mese, dopo l'assalto della città, dal fratello dell'Istorico Guicciardini, che sembra fosse un abile Magistrato ed uno spassionato scrittore.

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Il furioso spirito di Lutero, effetto di temperamento e d'entusiasmo, è stato attaccato con forza (Bossuet, Istor. delle variaz. delle Ch. Protest. lib. I. p. 20-36), e debolmente difeso (Sechendorf., Comment. de Lutheranismo, specialmente lib. I. n. 78 p. 120, e lib. III. n. 122. pag. 556).

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Marcellino (in Chron. Orosio lib. VII, c. 39, p. 575) asserisce, ch'ei lasciò Roma il terzo giorno; ma si può facilmente conciliare tal differenza pei successivi movimenti di gran corpi di truppe.

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Socrate (lib. VII. c. 10) pretende però che Alarico fuggisse, alla notizia che gli eserciti dell'Impero Orientale erano in piena marcia per attaccarlo.

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Ausonio, de Claris urbibus pag. 233. edit. Toll. La mollezza di Capua aveva una volta sorpassato quella di Sibari medesima. Vedi Ateneo, Deipnosophist. lib. XII. p. 528. edit. Casaubono.

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Quarantotto unni prima della fondazione di Roma (circa 800. avanti l'Era Cristiana) i Toscani fabbricarono Capua e Nola, alla distanza di 23. miglia l'una dall'altra; ma l'ultima di queste non uscì mai dallo Stato di mediocrità.

304

Il Tillemont (Mem. Eccles. Tom. XIV p. 1-446.) ha raccolto con la solita sua diligenza tutto ciò, che si riferisce alla vita ed agli scritti di Paolino, la ritirata del quale ci è nota pe' suoi propri scritti, ed è celebrata dalle lodi di S. Ambrogio, di S. Girolamo, di S. Agostino, di Sulpicio Severo ec. suoi cristiani amici e contemporanei.

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Vedi le affezionate lettere d'Ausonio (Epist. 19-25 p. 650-698 ed. Toll.) al suo Collega, amico, e discepolo Paolino. La religione d'Ausonio è tuttora un problema (Vedi Memoir. de l'Acad. des Inscript T. XV. p. 123-138). Io credo che tale fosse anche al suo tempo, e per conseguenza che nel suo cuore fosse Pagano.

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L'umile Paolino una volta ebbe la presunzione di dire ch'egli credeva che San Felice lo amasse; almeno come un padrone ama il suo cagnolino.

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Vedi Giornandes, de reb. Get. c. 30. p. 653. Filostorgio l. XII. c. 3, Agostino de Civ. Dei l. I. c. 10, Baronio, Annal. Eccles. an. 410. n. 45, 46.

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Il platano era un albero favorito degli antichi dai quali fu propagato, per causa dell'ombra, dall'Oriente fino alla Gallia. (Plin., Hist. Nat. XII. 3, 4, 5). Questo scrittore fa menzione di alcuni Platani di enorme grandezza: uno di essi nell'Imperial villa di Velletri, che Caligola chiamava il suo nido, aveva tali rami, che eran capaci di contenere una gran tavola, il corteggio de' famigliari, e l'Imperatore medesimo, che Plinio graziosamente chiama pars umbrae; espressione che poteva con ugual ragione applicarsi ad Alarico.

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«Il soggiogato mezzodì cede al distruttore i vantati suoi titoli, e gli aurei suoi campi; con truce diletto la stirpe del Settentrione vede un più lucente giorno, ed il Cielo di colore azzurro; odora la nuova fragranza della rosa che s'apre, ed ingoja l'uva pendente a misura che cresce». Vedi i poemi di Gray pubblicati dal Mason p. 197. Invece di compilar tavole di cronologia e d'istoria naturale, perchè non applicò il Gray le forze del suo ingegno a finire quel poema filosofico, di cui ci ha lasciato un saggio così squisito?

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Quanto alla perfetta descrizione dello stretto di Messina, di Scilla, di Cariddi ec. vedi Cluverio (Ital. antiq. l. VI. p. 123. 9. e Sicil. Antiq. l. I. p. 60, 76), che ha diligentemente studiato gli antichi, ed esaminato con occhio curioso lo stato attuale del luogo.

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Giornandes, de reb. Getic. c. 30 p. 654.