Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5
Автор произведения Edward Gibbon
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riguardarono come l'effetto d'una indigestione cagionata o dalla quantità del vino, o dalla qualità dei funghi ch'egli aveva golosamente mangiati la sera. Secondo altri, fu soffocato nel sonno dal vapore del carbone, cui trasse dalle muraglie della camera la dannosa umidità d'un intonaco fresco16. Ma la mancanza di una regolare inquisizione intorno alla morte di un Principe, il regno e la persona del quale andaron presto in obblio, sembra che fosse la sola circostanza che sostenesse i maliziosi susurri di veleno e di domestico tradimento17. Il corpo di Gioviano fu mandato a Costantinopoli per esser sepolto coi suoi predecessori; ed incontrossi per via la mesta processione da Carito sua moglie, figlia del Conte Luciliano, che tuttavia piangeva la recente morte del padre, e s'affrettava ad asciugare le lacrime fra gli abbracciamenti di un Imperiale marito. Amareggiavasi lo sconcerto ed il dolore di essa dall'ansietà della tenerezza materna. Sei settimane avanti la morte di Gioviano, il piccolo suo figlio era stato posto nella sedia curule, adornato del titolo di Nobilissimo, e delle vane insegne del Consolato. Non essendo il real fanciullo, che avea preso dall'avo il nome di Varroniano, consapevole di sua fortuna, la sola gelosia del Governo si rammentava ch'egli era figlio d'un Imperatore. Sedici anni dopo viveva ancora, ma era già stato privato d'un occhio; e l'afflitta sua madre ad ogni momento aspettava, che le fosse strappata quell'innocente vittima dalle braccia, per tranquillare col proprio sangue i sospetti del regnante Sovrano18.

      Dopo la morte di Gioviano rimase il trono Romano per dieci giorni19 senza Signore. I Ministri ed i Generali continuarono ad unirsi in consiglio, ad esercitare le respettive loro funzioni, a mantener l'ordine pubblico, ed a condurre pacificamente l'esercito verso la città di Nicea nella Bitinia, che si era scelta per luogo della nuova elezione20. In una solenne adunanza delle civili e militari potestà dell'Impero, fu di nuovo concordemente offerto il diadema al Prefetto Sallustio. Egli ebbe la gloria di farne un secondo rifiuto; e quando allegate furono le virtù del padre in favore del figlio, il Prefetto con la fermezza d'un generoso patriota dichiarò agli Elettori, che la debole vecchiezza dell'uno, e l'inesperta gioventù dell'altro erano ugualmente incapaci dei laboriosi doveri del governo. Si proposero diversi candidati: e dopo ponderate le obbiezioni al carattere od alla situazione di essi, furono l'un dopo l'altro rigettati; ma tosto che venne pronunziato il nome di Valentiniano, il merito di quest'uffiziale riunì i suffragi di tutta l'assemblea, ed ottenne la sincera approvazione di Sallustio medesimo. Valentiniano21 era figliuolo del Conte Graziano, nativo di Cibali nella Pannonia, il quale da un'oscura condizione si era innalzato, mediante un'incomparabil destrezza e vigore, al comando militare dell'Affrica e della Gran Brettagna, da cui erasi ritirato con ampie ricchezze e con sospetta integrità. Il grado però ed i servigi di Graziano contribuirono a favorire i primi passi della promozione di suo figlio; e gli porsero un'opportuna occasione di spiegar quelle sode ed utili qualità, che ne sollevarono il carattere sopra l'ordinario livello dei suoi compagni soldati. Valentiniano era alto di statura, grazioso e maestoso. Il virile suo aspetto, che portava impressi alti segni di sentimento e di spirito, inspirava fiducia agli amici, ed ai nemici timore; e per secondare gli sforzi dell'indomito suo valore, il figlio di Graziano aveva ereditato i vantaggi di una forte e sana costituzione. Coll'abitudine della castità e temperanza, che raffrena gli appetiti ed invigorisce le forze, Valentiniano si mantenne la propria e la pubblica stima. Le occupazioni di una vita militare avean distratto la sua gioventù dall'eleganti ricerche della letteratura; egli ignorava la lingua Greca e le arti della Rettorica: ma siccome l'animo dell'oratore non era mai sconcertato da timida perplessità, egli era capace, ogni volta che l'occasione lo richiedeva, d'esporre i risoluti suoi sentimenti con facile ed ardita eloquenza. Le uniche leggi, che esso aveva studiato, eran quelle della marzial disciplina; e presto si distinse per la laboriosa diligenza e l'inflessibil severità, con cui adempiva e sosteneva i doveri del campo. Al tempo di Giuliano egli si espose al pericolo della disgrazia, pel disprezzo che dimostrò in pubblico verso la religion dominante22; ma dalla successiva condotta di lui parrebbe, che l'indiscreta ed inopportuna libertà di Valentiniano fosse stata l'effetto di militar baldanza, piuttosto che di uno zelo Cristiano. N'ebbe per altro il perdono, e fu sempre impiegato da un Principe che stimava il suo merito23; e nei vari successi della guerra Persiana egli accrebbe quella riputazione, che erasi già acquistato sulle rive del Reno. La prestezza e felicità, con cui eseguì un'importante commissione, gli aprì l'adito al favor di Gioviano ed all'onorevol comando della seconda scuola, o compagnia dei Targettieri, o sia delle guardie domestiche. Nel marciar che faceva da Antiochia, era giunto ai suoi quartieri d'Ancira, quando gli fu inaspettatamente significato, senz'arte o intrigo veruno, d'assumere nel quarantesimo terzo anno della sua età, l'assoluto governo del Romano Impero.

      L'invito dei Ministri e dei Generali a Nicea sarebbe stato di poco rilievo, se non si fosse confermato dalla voce dell'esercito. Il vecchio Sallustio, che aveva frequentemente osservate le irregolari fluttuazioni delle adunanze popolari, propose che nissuna di quelle persone, la cui militar dignità poteva eccitare un partito in loro favore, comparisse in pubblico, sotto pena di morte, nel giorno dell'inaugurazione. Pure tanto prevalse l'antica superstizione, che a questo pericoloso intervallo volontariamente s'aggiunse tutto un giorno, perchè in esso appunto cadeva l'intercalazione dell'anno bisestile24. Finalmente, quando si suppose che l'ora fosse propizia, Valentiniano comparve sopra un alto Tribunale; fu applaudita la giudiziosa elezione; ed il nuovo Principe venne solennemente adornato del diadema e della porpora in mezzo alle acclamazioni delle truppe, che eran disposte in ordine di guerra intorno al Tribunale. Ma stendendo egli la mano per parlare all'armata moltitudine, ad un tratto eccitossi un ansioso mormorio nelle file, che appoco appoco scoppiò in un alto ed imperioso grido, ch'ei nominasse immediatamente un collega nell'Impero. La intrepida tranquillità di Valentiniano ottenne silenzio ed impose rispetto. Egli così parlò all'assemblea: «Pochi momenti fa, o miei compagni soldati, era in vostro potere di lasciarmi nell'oscurità di una condizione privata. Giudicando dalla testimonianza della passata mia vita, che io meritassi di regnare, mi avete posto sul trono. Adesso è mio dovere di provvedere alla salute ed al vantaggio della Repubblica. Il peso dell'Universo è troppo grande, senza dubbio, per le mani d'un debol mortale. Io so quali sono i limiti delle mie forze e l'incertezza della mia vita; e lungi dallo sfuggire, io sono ansioso di sollecitare l'aiuto di un degno collega. Ma dove la discordia può esser fatale, la scelta di un fedele amico richiede una matura e seria deliberazione. Di questo io avrò cura. La vostra condotta sia fedele e costante. Ritiratevi ai vostri quartieri; rinfrescate gli spiriti ed i corpi; ed attendete il solito donativo in occasione dell'innalzamento al trono d'un nuovo Imperatore25». Le attonite truppe con una mescolanza d'orgoglio, di soddisfazione e di terrore ubbidirono alla voce del loro Signore. Le ardenti lor grida si convertirono in una tacita riverenza; e Valentiniano, circondato dalle aquile delle legioni e dalle diverse bandiere della cavalleria e della infanteria, fu condotto con pompa militare al palazzo di Nicea. Siccome però conosceva l'importanza di prevenire qualche imprudente dichiarazion de' soldati, consultò l'assemblea de' suoi capitani, e furono brevemente espressi i veri lor sentimenti dalla generosa libertà di Dagalaifo: «Ottimo Principe» (disse questo uffiziale) «se avete riguardo solo alla vostra famiglia, voi avete un fratello; ma se amate la Repubblica, cercate il più meritevole fra i Romani26». L'Imperatore, che soppresse il dispiacere senza alterare la sua intenzione, s'avanzò lentamente da Nicea verso Nicomedia o Costantinopoli. In uno dei sobborghi di quella capitale27, trenta giorni dopo la sua promozione, diede il titolo di Augusto a Valente suo fratello; e poichè i più arditi patriotti erano persuasi, che la loro opposizione, senza esser giovevole alla patria, sarebbe riuscita fatale a loro medesimi, fu ricevuta la dichiarazione dell'assoluta sua volontà con una tacita sommissione. Valente allora trovavasi nell'anno trentesimo sesto dell'età sua; ma non aveva mai esercitata la sua abilità in alcun impiego militare o civile; ed il suo carattere non aveva eccitato nel Mondo alcuna viva espettazione. Aveva però una qualità, che molto si valutava da Valentiniano, e che mantenne la pace



<p>16</p>

Vedi Ammiano (XXV. 10.) Eutropio (X. 18.), che potè per avventura trovarsi presente, Girolamo (Tom. I. p. 26. ad Heliodorum), Orosio (VII. 31), Sozomeno (l. VI. c. 6), Zosimo (lib. III. p. 197. 198.) e Zonara (Tom. II. l. XIII. p. 28. 29). Non può sperarsi un perfetto accordo fra loro, nè staremo a discutere le minute differenze che vi si trovano.

<p>17</p>

Ammiano, dimenticatosi del solito suo candore e buon senso, paragona la morte dell'innocente Gioviano a quella del secondo Affricano, che aveva eccitato i timori e lo sdegno della fazion popolare.

<p>18</p>

Grisostomo Tom. I, p. 336. 344. Edit. Monfaucon. L'oratore Cristiano procura di confortare la vedova con esempi d'illustri avversità; ed osserva che fra nove Imperatori (includendovi Gallo Cesare) che avevan regnato al suo tempo, due soli (Costantino e Costanzo) eran morti di morte naturale. Tali vaghe consolazioni non hanno mai servito ad asciugare una lacrima.

<p>19</p>

Sembra, che dieci giorni difficilmente potessero esser sufficienti per la marcia e per l'elezione. Ma possiamo osservare in primo luogo, che i Generali potevano ordinar l'uso speditivo delle pubbliche poste, per se stessi, per i loro famigliari e per i messaggi; secondariamente, che le truppe marciavano, per comodo delle città, in più divisioni; e che la fronte della colonna poteva essere a Nicea, quando la retroguardia trovavasi ad Ancira.

<p>20</p>

Ammiano XXVI. 1. Zosim. l. III. p. 198. Filostorg. l. VIII. c. 8. e Gotofred. dissert. p. 334. Filostorgio, il quale pare che avesse delle importanti ed autentiche notizie, attribuisce la scelta di Valentiniano al Prefetto Sallustio, al Generale Arinteo, a Dagalaifo Conte dei domestici, ed al patrizio Daziano, le pressanti raccomandazioni dei quali da Ancira ebbero una grande influenza nell'elezione.

<p>21</p>

Ammiano XXX. 7. 9. e Vittore il giovane hanno somministrato il ritratto di Valentiniano, che dee naturalmente precedere ed illustrare l'istoria del suo regno.

<p>22</p>

In Antiochia, dove era obbligato a seguire l'Imperatore nel tempio, ei percosse un sacerdote, che avea preteso di purificarlo coll'acqua lustrale. Sozomeno l. VI. c. 6. Teodoreto l. III. c. 15. Tal pubblica provocazione poteva convenire a Valentiniano; ma essa non dà luogo all'indegna accusa del filosofo Massimo, che suppone qualche più privata ingiuria. Zosimo l. IV. p. 200, 201.

<p>23</p>

Socrate l. IV. Da Sozomeno (l. VI. c. 6.) e da Filostorgio (l. VII. c. 7. con le Dissertazioni del Gotofredo p. 293) vi si interpone un precedente esilio a Melitene o nella Tebaide. (Il primo potrebbe esser vero).

<p>24</p>

Ammiano, in una lunga ed inopportuna digressione (XXVI. 1. e Vales. iv.) inconsideratamente suppone d'intender egli una questione astronomica, della quale i suoi lettori siano all'oscuro. Essa è trattata con più giudizio, ed a proposito da Censurino (De die Natal. c. 20.) e da Macrobio (Saturnal. l. I. c. 12-16). Il nome di bisestile, che indica l'anno di cattivo augurio (Agostino ad Januar. Epist. 119.) è nato dalla ripetizione del giorno sesto avanti le calende di Marzo.

<p>25</p>

Il primo discorso di Valentiniano è pieno in Ammiano, (XXVI. 2.) conciso e sentenzioso in Filostorgio (l. VIII.).

<p>26</p>

Si tuos amas, Imperator, optime, habes fratrem: si Rempublicam, quaere quem vestias: Ammiano XXVI. 4. Nella division dell'imperio, Valentiniano ritenne per sè quell'ingenuo Consigliere (c. 6.).

<p>27</p>

In Suburbano Ammiano XXVI. 4. Il famoso Hebdomon, o campo di Marte, era distante sette stadj, o sette miglia da Costantinopoli. Vedi Vales. ed il suo fratello. Iv. e Ducange Const. l. II. p. 140, 141, 172, 173.