Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3. Botta Carlo

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Название Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3
Автор произведения Botta Carlo
Жанр Историческая литература
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Издательство Историческая литература
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conveniente, sebbene pieno di molto ardire. Avvisò adunque di passare con tutta la battaglia e l'ala sinistra il fiume, e con feroce assalto attritare Knyphausen. Pensava ottimamente, che la vittoria avuta sopra la destra del nemico avrebbe abbondantemente compensato il danno, che questi avrebbe potuto fare colla sua sinistra sforzando la dritta degli Americani a ritirarsi. Ordinò pertanto a Sullivan, varcasse il fiume ad un passo superiore colla sua schiera, ed assaltasse la sinistra di Knyphausen. Egli intanto si metteva all'ordine per traghettar più sotto, e fare impressione contro la destra. Già si avviavano gli uni e gli altri alla fazione, quando arrivarono le novelle, esser falso quello ch'era vero, cioè che il nemico non avesse varcato il fiume presso la diramazione, e che non si fosse mostrato sul destro fianco dell'esercito repubblicano. Ingannato dal falso avviso Washington si ristette; e Greene, che già passava colla vanguardia, fu fatto tornare indietro. Mentre si stava con questa incertezza, ecco, che si ebbero le certe novelle, che non solo gl'Inglesi avevano varcato, ma che di più si avviavano grossi, e minacciosi contro il destro fianco. Era l'ala destra degli Americani composta delle schiere dei generali Stephens, Stirling e Sullivan, la prima in un sito più alto su per la via del fiume, e per conseguente più vicina agl'Inglesi; le altre due prossimane per grado, quella di Sullivan essendo la più bassa. Tosto questi allontanandosi dal centro dell'esercito, corse a congiungersi colle due prime, e, siccome più anziano, pigliò il comandamento di tutte tre. Washington accompagnato da Greene si avvicinò anch'esso con due grossi squadroni all'ala destra, e pigliò gli alloggiamenti tra questa e quelle genti, che aveva lasciate di rincontro a Chadsford sotto i comandamenti di Wayne, acciocchè ostassero al passare di Knyphausen. I due squadroni poi guidati da Washington servivano di schiera di riscossa per correre secondo il bisogno in aiuto di Sullivan, o di Wayne.

      Intanto, essendo già gl'Inglesi guidati da Cornwallis comparsi a veduta degli Americani, Sullivan metteva i suoi in ordinanza in luogo eminente sopra Birmingham-meeting-house, colla sinistra presso il Brandywine, avendo questa e la destra fasciate da folte boscaglie. Le artiglierie si erano piantate sui vicini colli molto opportunamente. Ma egli pare, che la schiera propria di Sullivan arrivasse, avendo fatto un gran giro, troppo tardi sul campo di battaglia, e perciò non fosse ancora, come si aveva dato ordine, acconciamente posta in ordinanza, quando si incominciò a combattere. Veduto gl'Inglesi la positura delle genti americane, si affilarono, corsero in caccia, e in furia alla battaglia. Incominciò questa con molta foga da ambe le parti alle quattro meridiane. Gli Americani si difendettero valorosamente buon tempo, e crudelmente si sboglientò la battaglia. Ma tanta fu la furia degl'Inglesi e degli Essiani che menavano le mani a gara, che nè l'opportunità dell'alloggiamento, nè le bene poste, e bene amministrate artiglierie, nè la tempesta dell'archibuserìa, nè il coraggio dei soldati potettero reggere contro. I fanti leggieri, i corridori, i granatieri e le guardie inglesi si cacciarono con tanta intrepidità dentro le file repubblicane, che ne furono a viva forza scompigliate e ributtate. Cominciò a piegare, ed a disordinarsi il fianco sinistro, poscia di mano in mano si perturbò ed andò in volta tutta la fila. I vinti si rifuggirono nelle vicine selve. I vincitori gli perseguitarono, e procedettero avanti per la strada maestra verso Dilworth. Appena aveva Washington udito il primo romore, che avvisandosi di quello ch'era, mandò alla schiera di Sullivan i due squadroni soccorrevoli. Approssimandosi al campo s'incontrarono nei soldati di Sullivan, che fuggivano a rotta, e s'accorsero, che niuna speranza rimaneva di ristorar la battaglia. Greene con eccellente industria aprì i suoi ordini per dar luogo ai fuggiaschi, e poscia rannodatigli di nuovo si ritirò coll'ordinanza intiera, ritardando il perseguitar del nemico colle artiglierie, che traevano a ritroso alla coda. Trovato poi una stretta con boscaglie dai due lati vi arringò i suoi, e voltò di nuovo il viso al nemico. Erano Virginiani, e Pensilvanesi. Quivi attestati si difendevano, massimamente i Virginiani capitanati dal colonnello Stevens, disperatamente.

      In questo mezzo tempo Knyphausen veduto, che gli Americani avevano alle mani di che fare sulla destra loro, e che le schiere che gli stavano all'incontro dall'altra parte del fiume erano state assottigliate pei soccorsi mandati a Sullivan, si era apparecchiato a mandare ad effetto quello di che fin allora aveva fatto solo sembianza di voler fare, cioè di varcare. Il passo di Chadsford era difeso da una trincea, e da una batteria. Contrastarono un pezzo i repubblicani; ma udito le novelle della sconfitta dell'ala destra, e vedendo comparire sul destro fianco alcuni soldati inglesi, i quali sbrancati, erano trapelati sin là per le folte selve, si ritirarono disordinati, lasciando sul campo le artiglierie e le munizioni, delle quali, varcato il fiume, s'impadronì il generale tedesco. Nella ritirata, o, per meglio dire, fuga loro passarono vicino ed alla coda di Greene che tuttavia si difendeva, e fu l'ultimo a spiccarsi dalla battaglia. Finalmente, fattosi già scuro, anche questi dopo lungo e bravo combattere si ritirò, e tutto l'esercito procedè la stessa notte a Chester, ed il giorno seguente a Filadelfia. Quivi arrivavano ad ogni ora i fuggiaschi condottisi a salvamento per tragetti e vie sconosciute. I vincitori passarono la notte sul campo di battaglia. Se non fosse opportunamente sopraggiunto il buio, egli è molto probabile, che tutto l'esercito americano ne sarebbe stato distrutto. Perdettero i repubblicani in questa giornata da quattordici centinaia di soldati tra morti, feriti e prigionieri, con dieci cannoni ed un obice. De' reali morirono a un dipresso cento, e quattrocento ne furono feriti. Gli uffiziali francesi furono agli Americani di molta utilità, sia nell'ordinar le genti alla battaglia, sia nel riordinarle dopo la rotta. Tra questi il barone de Saint-Ouary fu fatto prigione con gran dispiacere del congresso, il quale lo aveva in grande stima. Al capitano di Fleury, il quale combatteva egregiamente, fu morto sotto il cavallo. Il congresso lo presentò con un altro alcuni giorni dopo il fatto. Il marchese de La-Fayette, mentre si affaticava colla voce e coll'esempio a rannodar i fuggiaschi, toccò una ferita in una gamba. Continuò però a far il debito suo, e come soldato combattendo, e come capitano confortando e riordinando. Combattette anche con molta lode il conte Pulaski gentiluomo polacco, che guidava i cavalleggieri. Lo riconobbe pochi giorni poi il congresso, dandogli le compagnie dei cavalli, ed il grado di brigadiere.

      Se tutte le genti americane combattuto avessero nella battaglia di Brandywine col medesimo valore che i Virginiani ed i Pensilvanesi, e che Washington non fosse stato indotto in errore da un falso rapporto, forse che avrebbero esse, nonostante l'inferiorità del numero loro, e l'imperfezione dell'armi, ottenuto la vittoria, o almeno l'avrebbero lasciata più sanguinosa agl'Inglesi. Comunque ciò sia, certo è bene, che l'ordine della battaglia dato dall'Howe è stato eccellente; che le diverse mosse furono eseguite con eguale prudenza e celerità, e che i soldati tanto inglesi che tedeschi combattettero con maraviglioso valore.

      La sera, che venne dopo a quella, in cui si combattè la giornata, mandarono i capitani britannici una frotta di genti spedite a Wilmington, luogo posto alla congiunzione della Cristiana e del Brandywine. Quivi fecero prigione il governatore dello Stato della Delawara, e presero a bottino molta moneta, e robe sì pubbliche che private, come pure parecchie scritture pubbliche d'importanza. Seguitarono la fortuna della vittoria le altre Terre della bassa Pensilvania, le quali tutte furono ricevute nell'obbedienza del Re.

      Non si sgomentò punto il congresso ad un tanto sinistro di fortuna, e faceva ogni sforzo per persuadere ai popoli, non esser le cose tanto afflitte, nè ridotte in tanto sterminio, che presto non potessero risorgere. Andavasi spargendo, che avevano bene gli Inglesi acquistato il campo di battaglia, ma non già la compiuta vittoria, stantechè la perdita loro altrettanta era, e forse maggiore di quella che gli Americani fatto avevano. Affermavano, che, sebbene disperso in parte, era tuttavia intiero l'esercito loro; e che fra pochi dì sarebbe rammassato, ed in grado di affacciarsi incontro a combattere l'inimico. E perchè quello, che forse non facevano le parole e le esortazioni, se lo facessero le dimostrazioni animose, il congresso non faceva nissuna vista di volersene partire da Filadelfia. Ordinò, che quindici centinaia di regolari si facessero venire da Peek's-hill; che le milizie della Nuova-Cesarea, quelle stesse della città di Filadelfia, quelle del generale Smallwood, ed un reggimento di stanziali, che allora si trovava in Alessandria, venissero rattamente a far capo grosso coll'esercito principale nella Pensilvania. Diè ancora balìa al generale Washington, richiedesse di forza dagli abitatori carri, cavalli e munizioni ad uso dell'esercito, dando loro però le polizze del ricevuto.

      Washington parimente tutto era in questo, che si spirasse nuovo coraggio al cuore dei soldati, facendo creder loro, che per niente dimostrati si fossero inferiori ai nemici, e che un'altra volta si sarebbe potuto ottener ciò, che al Brandywine era stato lasciato dubbio. Lasciava intanto riposare