La perla sanguinosa. Emilio Salgari

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Название La perla sanguinosa
Автор произведения Emilio Salgari
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
Год выпуска 0
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crude?»

      «Sembra, – rispose Jody. – Il fatto è che lasciano quelle crude per le altre.»

      «Verranno dal mare?»

      «No, scenderanno dalle piante. Di giorno amano tenersi sospesi agli alberi, all›ombra, aggrappati colle loro branche dalle punte acute. Vieni e non parlare.»

      Legarono la scialuppa, si armarono di due mazze di legno del ferro, dure e pesanti quanto il metallo omonimo, e si arrampicarono sulla scogliera, dirigendosi verso un luogo ove le piante di cocco formavano un piccolo boschetto. Giunti presso il margine, si arrestarono guardando sotto la macchia, le cui foglie proiettavano una fosca ombra.

      «È lì dentro che hai messo le noci?» chiese il cingalese.

      «Sì, – mormorò il macchinista. – Ah! Guarda! Lo vedi scendere da quell›albero?»

      Il cingalese aguzzò gli sguardi e vide un granchio di dimensioni mostruose, con due branche lunghissime, pesante non meno di una mezza dozzina di chilogrammi, che scendeva lentamente lungo il tronco d’un cocco, fermandosi di quando in quando come se temesse qualche brutta sorpresa. Appena giunto a terra si diresse verso un mucchio di noci cotte, che il macchinista aveva colà disposto al mattino.

      Il crostaceo, senza perdere tempo, trasse dal mucchio la più grossa, la spogliò delle fibre che la coprivano, introdusse la punta d’una delle sue morse nel così detto occhio della scorza, poi girando intorno la trapanò con forza irresistibile, spezzandola.

      Stava per gettarsi avidamente sulla polpa interna, quando il macchinista, sbucando improvvisamente dal suo nascondiglio, gli fu addosso, appioppandogli due tremendi colpi di mazza che gli fracassarono il guscio. Il povero crostaceo allungò, quindi ritirò le morse, cercando nel supremo spasimo dell’agonia di attanagliare il nemico, quindi si rovesciò su un fianco.

      «Ecco il primo, – disse Jody, con voce lieta. – Rare volte ne ho preso uno grosso come questo.»

      «È per me?» chiese il cingalese.

      «Se ti fa piacere, prendilo pure. Ne troveremo qualche altro pel governatore. Ho collocato un altro mucchio di noci all›estremità della scogliera. Lascialo lì, lo raccoglieremo più tardi.»

      Stava per volgere le spalle alla macchia e avviarsi verso la punta meridionale, quando il cingalese lo arrestò.

      «Andiamo dall›altra parte, invece, – disse. – Io ho notato che tutte le volte che tu tornavi ben fornito di granchi, andavi a cacciarli verso la punta settentrionale. Perché vuoi cambiare questa sera?»

      Quelle parole erano state pronunciate quasi con noncuranza, tuttavia Jody diventò pallidissimo e la sua destra cercò subito il coltello che teneva nascosto sotto la fascia.

      «Là non ve ne sono più, – disse, cercando di dare alla sua voce un accento calmo. – Vuoi saperne più di me, Guercio?»

      «Allora ci andrò solo, – disse il cingalese. – So ormai come si prendono e cacceremo uno da una parte e uno dall’altra. Vedrai che io ne prenderò più di te, Jody.»

      «Ma se ti dico che non frequentano più quel posto,» ribatté il mulatto, che aveva ormai compreso quello che voleva lo spione. Malgrado facesse degli sforzi supremi per mantenersi calmo, onde non accrescere i sospetti del cingalese, cominciava a perdere il suo sangue freddo. Laggiù, all’estremità settentrionale delle scogliere, egli aveva nascosto i viveri che dovevano servire per la traversata dell’Oceano Indiano; perché dunque il cingalese insisteva per andare a cacciare i granchi di mare da quella parte? Aveva indovinato il progetto dei fuggiaschi? C’era da crederlo.

      Per un momento ebbe l’idea di gettarsi improvvisamente sulla spia e di piantargli il coltello nel cuore, poi la paura che gli venisse chiesto conto del cingalese, che forse era stato appositamente mandato con lui sulla scogliera perché lo sorvegliasse o cercasse di scoprire qualche cosa, lo trattenne. Si trattava di perdere se stesso ed i compagni, mentre tutto era ormai pronto per la fuga.

      Con uno sforzo supremo si calmò, poi disse con voce pacata al cingalese:

      «Giacché lo vuoi, andiamo pure a fare una visita alla punta settentrionale. Se non ne troveremo, come già credo, andremo ad aspettarli dall›altra parte. A mani vuote non desidero ritornare.»

      «Andiamo dunque,» disse il cingalese con un perfido sorriso.

      Il mulatto, con un calcio poderoso, fece rotolare il granchio giù dalla china, gettandolo sulla spiaggia presso cui si trovava legata la scialuppa, prese la mazza e si mise in cammino dietro al cingalese, onde sorvegliare meglio le sue mosse.

      Il Guercio però, che temeva forse qualche sorpresa, si affrettò dopo alcuni passi a metterglisi al fianco, narrandogli delle pesche prodigiose che faceva sulle coste di Ceylon, quando non era ancora stato condannato alla deportazione in quel penitenziario. Pareva che cercasse di stornare l’attenzione del macchinista; questi invece non lo perdeva di vista un solo momento e lo sorvegliava strettamente, cercando nel medesimo tempo di trarlo lontano dal luogo ove si trovava il piccolo deposito di viveri, senza darlo a vedere.

      Il Guercio, a cui premeva di non tradirsi, si arrendeva senza resistenza, ma i suoi occhi scandagliavano le rocce che formavano la scogliera con una insistenza che faceva venire i brividi al mulatto. Con una scusa qualsiasi si arrestava quando scorgeva qualche crepaccio, perlustrandolo attentamente coi suoi sguardi furbeschi, balzava sulle rocce per meglio osservare se sulla spiaggia vi fossero dei granchi e di quando in quando fingeva d’incespicare e si lasciava cadere, quando poteva vedere qualche fenditura.

      Jody osservava tutte quelle manovre sospette, tuttavia si studiava di non farci caso. La sua destra stringeva sempre il coltello, pronto a qualsiasi sbaraglio, a qualsiasi rischio.

      Giunti all’estremità della scogliera senza aver scorto alcun granchio, Jody si fermò, dicendogli:

      «Avevo ragione io di dirti che qui i granchi non vengono più. Sono stati troppo spaventati.»

      Il cingalese non rispose subito. Ritto sulla cima d’una roccia, guardava insistentemente una spaccatura, semicoperta da sterpi, che s’apriva a qualche metro dal livello dell’acqua e che poteva essere l’entrata di qualche caverna. Jody aveva seguito quello sguardo.

      «Che cosa guardi?» chiese con voce minacciosa.

      «Mi pareva di aver scorto, in mezzo a quelle punte rocciose, uno swordfish, – rispose il cingalese, pacatamente. – Sono eccellenti, sai Jody quei pesci. Li conosci tu?»

      «Tu parli dei pesci velieri, mi pare.»

      «Sì.»

      «Io non vedo nulla.»

      «Eppure giurerei su Godama di aver scorto la sua natatoia dorsale e anche la sua lunga spada.»

      «Va› a prenderlo dunque,» disse Jody con impazienza.

      «Se avessi una fiocina, non me lo lascerei scappare.»

      «Giacché non l›abbiamo, è inutile che ci soffermiamo qui. Torniamo verso i cocchi; non sono già venuto qui a fare una partita di chiacchiere con te, Guercio.»

      «Sì, andiamo a prendere qualche granchio pel governatore,» rispose il cingalese.

      S’incamminarono l’uno presso l’altro, seguendo la cresta della scogliera. La luna, al suo ultimo quarto, s’alzava allora sull’orizzonte specchiandosi in mare ed una fresca brezza soffiava da levante facendo stormire dolcemente le foglie piumate dei cocchi. Alla base della scogliera la risacca rumoreggiava, accartocciando le onde con ritmo monotono e rigettando sulla sabbia le conchiglie.

      Avevano percorso una cinquantina di passi, costeggiando sempre i boschetti, quando il cingalese, che pareva ruminasse da un po’ qualche cosa nel suo cervello, chiese improvvisamente al macchinista:

      «Hai più veduto Palicur?»

      «Il malabaro? – domandò Jody. – No, non l›ho più veduto; mi hanno detto che è ancora all›infermeria e per causa tua.»

      «Cioè sua,» rispose il cingalese.

      «Sia come vuoi, ma vorrei sapere perché mi hai fatto quella domanda,» disse il