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fra Rio della Piata e il Capo di Buona Speranza sono altrettante.”

      “Ma fra il Capo di San Rocco e la costa africana non si restringe l’oceano?”

      “È vero, O’Donnell, poiché là l’Atlantico è largo solo milleseicento miglia; ma noi avremo incontrato le grandi calme e i venti che da levante soffiano costantemente verso ponente; e anche se fossimo riusciti ad attraversare l’oceano, saremmo caduti sulle coste inospitali della Sierra Leone, forse fra le mani dei feroci abitanti del Dahomey e degli Ascianti.”

      “Ma siete certo che i venti ci spingano verso oriente?”

      “Proprio certo, no; ma io so che al di là di Terranova i venti ordinariamente soffiano verso il nord-est.”

      “Ma allora finiremo in Manda o in Norvegia,” disse l’irlandese.

      “Ma credete che non vi siano altre correnti sopra quelle che vi ho accennato? Io spero di trovarne qualcuna che mi faccia piegare verso l’oriente. Bisogna però non illudersi, O’Donnell, ed essere preparati a tutto, anche a ritornare in America. Siamo in balia delle correnti aeree: possono spingerci direttamente in Europa, come possono trascinarci verso le gelide regioni del nord, o a quelle ardenti dell’equatore; possono prepararci una discesa trionfale sulle spiagge o dell’Inghilterra, o del Portogallo, o della Spagnia, o… la morte. La nostra vita è nelle mani di Dio e dei venti.”

      “Sono preparato a tutto, Mister Kelly,” disse l’irlandese. “Ero condannato a morte, e tutti i giorni che vivrò ancora saranno guadagnati. Nel caso in cui fosse necessario, per salvezza vostra e dell’aerostato, ve lo dissi già, disponete liberamente della mia pelle.”

      “Grazie, O’Donnell,” disse l’aeronauta, sorridendo. “Cercherò di risparmiarla finché lo potrò e mi limiterò a gettare la zavorra che qui abbonda. Porto con me un peso enorme, che mi permetterà di mantenermi in aria lungo tempo.”

      “Quanti chilogrammi ? “

      “Tutto compreso, noi, la scialuppa, le armi, le provviste, le funi, ecc., tocchiamo i 2600 chilogrammi.”

      “Tale forza hanno i vostri palloni!”

      “La loro forza ascensionale è di 1,20 chili per metro cubo d’idrogeno, essendo questo di qualità superiore agli altri, che non sollevano ordinariamente più di 1,18 chili. Ora facciamo l’inventario dei nostri progetti; poi, in attesa di giungere sopra Terranova, se vorrete, vi spiegherò il sistema che ho adottato per i miei aerostati.”

      Capitolo 3. Il pallone di Mister Kelly

      L’imbarcazione che serviva da navicella conteneva una tale quantità di oggetti, da sorprendere qualunque persona, anche se fosse stato un aeronauta. Dispersi un pò alla rinfusa si vedevano casse, cassette, barilotti, coperte, tende, gomene, cilindri di metallo, coni bizzarri che sembravano imbuti, armi, una specie di pompa, ancore, barometri, termometri, remi, vele, cannocchiali, manichelle e infiniti altri oggetti di ogni genere.

      L’ingegnere si levò dalla tasca un piccolo libro coperto di cifre e di parole e riscontrò, con cura estrema, i numeri impressi su tutti quegli oggetti. “Bravo, Simone!” disse rivolgendosi verso il negro, che continuava a battere i denti e a sgranare i suoi grandi occhi spaventati. “Vedo che non hai dimenticato nulla.”

      “Malgrado la sua paura!” disse l’irlandese. “Per San Patrick mio patrono, mi pare che il vostro servitore sia stato preso da una grande tremarella!”

      “Si abituerà, O’Donnell,” rispose l’Ingegnere. “È la prima volta che si trova su un pallone libero.”

      “Suppongo però che abbiate già fatto qualche ascensione.”

      “Sì, ma su un pallone frenato. Facciamo l’inventario di ciò che possediamo e cerchiamo di mettere un pò d’ordine nella nostra navicella.?

      “Nella scialuppa, volete dire”.

      “Infatti, è una vera imbarcazione, leggerissima. ma solida a tutta prova, e ci sarà di grande utilità nel caso che i nostri palloni dovessero cadere in mezzo all’oceano.”

      “Ma quale metallo avete adoperato per costruirla? Si direbbe che sia una barra d’argento.”

      “Ho impiegato uno dei metalli più leggeri, ma nello stesso tempo dei più solidi: l’alluminio. È un metallo che oggi è poco usato, ma che è destinato ad avere un grande avvenire. Ecco la nota delle nostre ricchezze: quattro barili di alluminio contenenti 330 litri d’acqua, 340 chili, due casse di biscotti, 200 chili: sei casse di carni conservate e conserve alimentari, 200 chili: cioccolato, bottiglie di liquori, due fucili, tre rivoltelle, munizioni, una scure, due coltelli, 90 chili; bussole, termometri, barometri, un sestante del punto, matite, carta e piccoli oggetti, 24 chili; piccola farmacia, 4 chili; tende, coperte, vestiti, una vela per la scialuppa, albero e remi, 36 chili; tre ancore, una da terra e due da mare, due piccioni messaggeri, 26 chili.”

      “Tre ancore!” esclamò O’Donnell. “V’ingannate: io non ne vedo che una.”

      “No, amico mio: ne possediamo tre. Quella che vedete lì e che ha la solita forma, è una: le altre due sono quei coni di alluminio che somigliano a imbuti.”

      “Non vi comprendo.”

      “Basta immergere uno di questi coni in mare, e subito si rovescia, si riempie d’acqua, e la resistenza che oppone basta, se non a fermare del tutto i miei palloni, almeno a rallentare assai la loro marcia.”

      “Avete pensato a tutto, Mister Kelly.”

      “Lo spero,” rispose l’ingegnere. “Una pompa premente, 8 chili…”

      “Una pompa! Che cosa volete farne?”

      “Per mantenere sempre gonfi i due palloncini.”

      “Ma quali?”

      “Quelli che stanno dentro nei due grandi palloni contenenti l’idrogeno. Mi spiegherò meglio più tardi. Dieci cilindri di idrogeno compresso, 24 chili…”

      “Per cosa farne?”

      “Per i miei aerostati. Comprenderete che io dovevo cercare il mezzo per mantenermi in aria il maggior tempo possibile, e ho immagazzinato in quei cilindri, mediante una pompa speciale di mia invenzione, ben quattrocento metri cubi di idrogeno.”

      “E non scoppieranno i tubi?”

      “No: almeno lo spero. Peso del battello, 72 chili; peso delle funi, 100 chili; peso dei nostri corpi… Quanto pesate?”

      “Sessanta chilogrammi.”

      “185 chili fra tutti e tre. Peso dei due aerostati, 602 chili; zavorra e altri piccoli oggetti, 758… Totale 2600. Va bene, O’Donnell?”

      “È esatto,” rispose l’irlandese.

      “Dunque noi possiamo disporre di quasi 800 chilogrammi di zavorra: un bel peso, in fede mia, ma necessario”

      “Una cosa però non ho veduto, fra i tanti oggetti che ingombrano la scialuppa.”

      “E quale?”

      “Una cucina.”

      “Oh, ghiottone! Mi ero dimenticato di avvertirvi, prima che saliste nella mia navicella, che sareste stato costretto a nutrirvi esclusivamente di cibi freddi.”

      “Non era necessario: freddi o caldi, poco m’importa. Ho fatto l’osservazione non per me, ma per voi.”

      “La cucina portatile è stata la prima cosa che ho eliminato dalla lista dei miei oggetti. Sopra il nostro capo vi è una specie di polveriera, e una scintilla basterebbe a farla scoppiare. L’idrogeno s’infiamma facilmente; ed ecco il motivo per cui ho rinunciato ad accendere il fuoco per tutta la durata del viaggio.”

      “E proibito fumare, dunque.”

      “No, vedete anzi che tengo anch’io una provvista di sigarette: ma alla prima fuga di gas vi consiglio di gettare nell’oceano, e senza ritardo, il vostro sigaro.”

      “Non mancherò di farlo, Mister Kelly. Ora mi spiegherete il vostro sistema di palloni.”

      “Bastano