Название | Tranquilla Cittadina Di Provincia |
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Автор произведения | Stefano Vignaroli |
Жанр | Полицейские детективы |
Серия | |
Издательство | Полицейские детективы |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788835430384 |
«Quassù, presto! Ce n'è uno ancora vivo. In pessime condizioni, ma vivo.»
Dal momento che erano arrivati i soccorsi, potevo uscire da quel luogo trasformato in così poco tempo da angolo di paradiso in girone infernale. Scesi le scale come un automa e raggiunsi l'auto della Polizia, accanto alla quale trovai la presenza rassicurante dei miei colleghi. Mi accorsi che stavo tremando, e non di freddo. La scarica di adrenalina in circolo era terminata, e non avevo certo vissuto un'avventura piacevole.
Mentre raccontavo a Roberta e Andrea ciò di cui ero stata testimone, il piazzale intorno casa si trasformò in un andirivieni di mezzi che illuminavano di luce azzurrina lampeggiante il buio della notte. L'Ispettore Santinelli e Gaetano Perrotta erano giunti nel frattempo con un'altra auto, seguiti dal furgone della scientifica. I Vigili del Fuoco finirono di domare i focolai di incendio e, quando il capo squadra giudicò che l'edificio era in sicurezza, fecero cenno ai miei colleghi che sarebbero potuti entrare. Per primi entrarono il Medico Legale e i ragazzi della Scientifica, bardati in tute bianche, calzari e guanti di lattice, seguiti da Santinelli e Perrotta.
«Io ho già visto abbastanza, non ho voglia di entrare di nuovo là dentro», dissi, rivolta a Roberta e Andrea, che ancora erano accanto a me. «Voi due che ne dite di fare due chiacchiere con il personale che era presente nelle cucine? È quel gruppetto di persone laggiù.»
«Benissimo, Dottoressa! E Lei?»
«E io, per il momento, mi ritirerei alla mia vita privata. Sono qui per sbaglio e...»
Non feci in tempo a finire la frase, che squillò il palmare. Guardai il display e vidi la scritta a caratteri maiuscoli QUESTORE. Ero tentata di premere il tasto di rifiuto, a cui sarebbe seguito il messaggio preimpostato Spiacente, ho da fare. Richiamate più tardi, per favore. Ma il mio dito deviò all'ultimo momento sul tasto verde.
«Dottoressa Ruggeri? Sono il Dottor Spanò. Com'è la situazione lì?»
«Quattro cadaveri e un ferito grave, al quale posso offrire scarsissime possibilità di sopravvivenza. C'è stata un'esplosione incredibile, devastante, e non credo all'ipotesi di un incidente.»
«Un attentato dinamitardo, quindi. Quale pista crede che dovremmo seguire, quella del terrorismo internazionale? O dobbiamo pensare a qualche recrudescenza di cellule anarchiche o addirittura di Brigatisti Rossi rispuntati da chissà dove?»
«È un po' prematuro fare supposizioni. Si potrebbe pensare anche a delle ritorsioni di gruppi di tifosi facinorosi che ce l'hanno ancora su col Gloriani, come allenatore della squadra del Chelsea, dopo la partita dell'altra sera. Oppure ancora di qualche gruppo estremista che ce l'ha politicamente a morte con la famiglia Gloriani per l'acquisto di questa villa. Dovremmo aspettare qualche ora per vedere se qualcuno rivendica l'attentato.»
«Preferirei le sue ipotesi. Se fosse un atto di terrorismo ci ritroveremmo tra i piedi quelli del SISDE, dei Servizi Segreti, che ci toglierebbero l'indagine per non capirci nulla, come loro solito. E comunque Lei si è trovata sul posto e questa è una fortuna per noi. Ho già parlato con il Magistrato di turno, il Dottor Moscatelli, e siamo d'accordo di affidare l'indagine solo a lei, Dottoressa. La riteniamo l'unica che possa far luce in maniera veloce ed efficace sui fatti appena accaduti.»
«Ma…», tentai di obiettare.
«Lo so che è ancora in congedo per maternità, ma so benissimo che non rifiuterà di condurre l'indagine.»
«D'accordo, farò il possibile, ma dovrà lasciarmi fare a modo mio, senza starmi col fiato sul collo.»
«Ha la mia parola.»
Per quel che rimaneva di quella nottata c'era poco da sperare di poter raggiungere Stefano a casa e riposare qualche ora a letto. Chiesi ad Andrea di connettersi a Internet tramite il computer di bordo dell'Alfa e prestare attenzione alla radio, dovevo sapere se ci fossero state rivendicazioni dell'attentato e da parte di chi. Puntualmente giunse un messaggio di Al Quaeda, che Rosati, espertissimo in questo genere di cose, classificò come non attendibile.
Proprio mentre venivano trasportate fuori dalla casa le salme coperte da teli delle vittime, giunse un'auto senza lampeggianti, da cui scese, visibilmente sconvolto, Roberto Gloriani, che riconobbi per essermi fissata la sua immagine nella mente durante la partita di calcio di un paio di sere prima, nonché per la sua incredibile somiglianza con il padre.
Lo fermai, prima che iniziasse a sollevare i teli che coprivano ognuna delle salme per scoprire quale fosse quella del suo genitore.
«Le assicuro che non è un bello spettacolo! Mi creda, è meglio che lasci che le salme vengano ricomposte e potrà fare il riconoscimento domani all'obitorio. Ora non le resta altro che pregare per le anime dei suoi poveri cari.»
«Di sicuro era me che volevano uccidere. E io invece non ero presente, e ci sono andati di mezzo cinque innocenti. Hanno decimato la mia famiglia e massacrato anche quei poveracci dei Brandi, che avevo preso così a ben volere! Ormai consideravo anche loro come membri della famiglia Gloriani. Deve fare di tutto per assicurare questi criminali alla giustizia, Dottoressa, chiunque essi siano e qualunque organizzazione ci sia dietro.»
«Non si preoccupi, è il mio lavoro e lo farò fino in fondo. Lei piuttosto dov'era questa sera? Non doveva essere presente al ricevimento?»
Mi guardò irritato, come se già da subito lo considerassi il sospettato numero uno.
«Perdoni la mia domanda, Mister. Ho conosciuto i suoi durante la serata e le giuro che sono rimasta favorevolmente colpita. Consideri la domanda che le ho fatto come pura deformazione professionale, se vuole può rispondermi, ma in caso contrario non la considererò reticente.»
«Le risponderò», disse, abbozzando un mezzo sorriso. «Prima che lei vada a controllare in qualche modo tutti i miei movimenti, le dico subito che sono giunto con un aereo privato all'aeroporto di Ancona oggi pomeriggio alle diciotto circa. Non sono riuscito a prendere il volo di linea e così ho noleggiato un piper. Ero in tempo per presenziare all'inaugurazione della villa, mi dirà Lei. E la mia intenzione era di venire. Ma poi, all'ultimo momento, ho capito di non essere nelle condizioni psicologiche più adatte ad affrontare una festa, dopo tutto quello che ho passato su a Genova in questi giorni. Così mi sono trattenuto in albergo, dove solo poco fa ho appreso la notizia dell'accaduto, e mi sono precipitato qui.»
«Le mie più sentite condoglianze. Credo che le convenga rientrare in albergo. Per stanotte non può fare più niente», gli dissi stringendogli la mano. Poi mi rivolsi ai miei colleghi. «Come noi, in fin dei conti. Medico Legale e scientifica hanno terminato, i cadaveri sono stati rimossi e l'unico superstite è ormai in sala rianimazione, che Dio gliela mandi buona. Direi che possiamo rientrare alla base e iniziare a pensare a qualche strategia che ci conduca su una pista possibile da seguire. E non sarà facile!»
Il cielo, a oriente, al di là della sagoma addormentata del centro storico della città, cominciava a schiarire. Mentre salivo in macchina con i miei colleghi, diedi un ultimo sguardo alla villa ferita, che veniva circondata da alcuni agenti con le classiche strisce di plastica bianche e rosse, attaccate alle quali ogni tanto venivano posti bene in evidenza dei cartelli che riportavano la scritta Area sottoposta a sequestro giudiziario.
Il Commissario Caterina Ruggeri era scesa di nuovo in campo.
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