Название | Europa en su teatro |
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Автор произведения | AAVV |
Жанр | Изобразительное искусство, фотография |
Серия | Parnaseo |
Издательство | Изобразительное искусство, фотография |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788491340911 |
Lo spettacolo era composto da due laudi, che, di fatto, nel XIV secolo si recitavano in giorni diversi nell’arco dell’anno.
Il luogo nel quale fu allestita la rappresentazione era quello nel quale quattro anni prima era stata proposta l’Ecerinis. Ma questa scelta non fu determinata dalla mancanza di altre ipotesi, perché la città di Viterbo, tra Chiostri e Chiese, offre tanti altri ambienti all’interno dei quali le suggestioni del passato sono tangibili, ma fu dovuta a convenienze dell’immediato. Il Chiostro di Santa Maria del Paradiso, in realtà, da sessanta anni in qua ha perso il suo isolamento e, ora, è circondato da nuovi edifici; ed è, forse, questa realtà urbanistica che suggerisce a chi entra nel Chiostro la sensazione di lasciarsi alle spalle palazzi e traffico e di trovarsi in una dimensione lontana nel tempo. Di fatto il tessuto urbano della città lascia ancora percepire, anche se immersi nel cemento, quelli che dovevano essere i poli della società medioevale e rinascimentale: l’ambito urbano del potere religioso e l’ambito urbano del potere politico interni alle mura, con i conventi e monasteri dentro e fuori di queste.29 Ciò che di essi è stato smarrito nell’assetto urbanistico moderno è una lettura paratattica della città come riflesso della società, per cui le piazze, le chiese, i chiostri attualmente esprimono una loro decisa soggettività e possono generare quella trasfigurazione del reale che può accogliere la rivivificazione di frammenti di cultura a loro coevi.
Nel 1984 tema del Convegno fu Origini del dramma pastorale in Europa, tema che ancora affascina per la sua apparente distanza dal reale; e gli studiosi, prevalentemente italiani, oltre a un francese e a uno spagnolo, non mancarono di far riferimenti a questioni di ordine metodologico. Per tanto: quanto c’è di reale della vita dei pastori nella letteratura del tempo? Quale relazione sussiste tra la figurazione poetica e la realtà storica del XV secolo, oppure tra figurazione pastorale e ricreazione scenica? Furono questi i temi che disegnarono la trama dello svolgimento del Convegno e che può essere riassunta nella seguente affermazione:
Non si tratta insomma di semplice gusto della finzione e dell’artificio, ma di sfruttamento interessato di un fertile canovaccio e di accoglienti fondali che si prestano ad ospitare ed inquadrare il lamento lirico come lo sfogo autobiografico, la celebrazione encomiastica come lo sviluppo teatrale. 30
In effetti, se tra la società cittadina e la comunità extraurbana non v’era relazione e se per secoli il pastore e il contadino erano stati oggetto di vivace scherno, da dove veniva tanta poesia? Proveniva dall’idealizzazione del mondo:
Per questo, la bellezza del nostro mondo, la ricchezza di una natura sempre prodiga di vita, la meraviglia dell’immane macchina dell’universo, la semplice perfezione delle cose create debbono essere, prima di tutto e soprattutto, insegnamento e, segno di una perfezione che infinitamente le trascende e che, tuttavia, sembra esprimersi proprio nell’incantata limpidezza di una campagna vaga e silenziosa, tra le selve ombrose e le verdi erbe così care alla poesia pastorale.31
Lo spettacolo prescelto fu La fabula di Orfeo tratto da Stanze di Angelo Poliziano. L’impegnativa messinscena riscosse molto successo, per la convergenza di diverse sensibilità artistiche, affiancata dal rigore della ricerca storica e filologica. Scriveva il regista:
La scelta per il mondo della favola, al di là delle mode del tempo, non rappresenta per lui (Poliziano) una fuga dal reale, ma la dimensione in cui il suo sentimento umanistico trova l’espressione più efficace. È la parola, spesso accompagnata da una fantasiosa ed immaginifica aggettivazione, ad indicare perentoriamente l’ambito interpretativo, che diviene composizione di atmosfere, ora idilliche, e contemplative, ora amorose, ora carnascialesche.32
La scenografia, più che una soggettiva interpretazione, fu il risultato di scrupolose ricerche di progetti di allestimenti teatrali dell’epoca: dai disegni di Leonardo per quanto riguarda il testo, alla pratica rinascimentale per quanto riguarda la sua realizzazione.
Scriveva lo storico della musica:
Se invece, come noi crediamo, la Favola d’Orfeo si ricollegò, perfezionandola, ad una fastosa tradizione di spettacoli celebrativi, spesso conviviali, il dialogo, molto più conciso di quello delle rappresentazioni, dovette essere tutto parlato e cantati soltanto i pezzi lirici. Musiche strumentali possono avere accompagnato momenti di azione puramente fisica, spesso spettacolare, senza parole. Su queste basi abbiamo impostato il compito arduamente problematico della ricostruzione.33
Luogo dell’allestimento fu l’ampio Parco di Villa Lante, distante quattro chilometri da Viterbo, edificata nella seconda metà del ′500.
Il tema del Convegno del 1985 fu Ceti sociali ed ambienti urbani nel teatro religioso europeo del ′300 e del ′400. L’evoluzione dell’assetto urbanistico, come una delle manifestazioni più evidenti di una evoluzione più generale porta con sé anche l’evoluzione delle manifestazioni dello spirito. Manifestazioni che si esprimono attraverso i codici della ritualità. Le espressioni collettive delle devozioni coinvolsero strati della società urbana sempre più ampi e l’area stessa del tessuto cittadino fu trasformata in luogo destinato alla rappresentazione d’argomento religioso. Dunque, da un lato la presenza sempre più determinante delle Confraternite,34 dall’altro l’ideazione di apparati scenici sempre più pretenziosi e prossimi alle esigenze di uno spettacolo, concorsero alla nascita della Sacra rappresentazione.35 E quanto mai efficace divenne sul piano culturale ed educativo il parallelo nel processo creativo fra la rappresentazione scenica e l’immagine pittorica degli affreschi agiografici.36 Furono questi i temi intorno ai quali argomentarono i vari relatori, che quell’anno provenivano dall’Italia e dalla Spagna.
L’opera scenica proposta per quel Convegno fu Il miracolo di Bolsena, appartenente a un Laudario di Orvieto, risalente ai primi decenni del ′300. Il luogo del-la rappresentazione fu il Sagrato della Chiesa di San Martino, piccolo centro a 6 chilometri da Viterbo, una abbazia cistercense risalente al XIII secolo, ma con vistosi rifacimenti di epoca barocca. Tra le possibili soluzioni scenografiche fu presa quella di una divisione del fronte scenico in quadri, che A. D’Ancona chiamava «capannucce», occultati da un proprio sipario che si apriva quando l’episodio prendeva vita nella narrazione.37Si trattava di una soluzione che evidenziava il carattere epico-narrativo del racconto scenico, ma che prefigurava già l’ideazione dei «luoghi deputati» della Sacra rappresentazione; una soluzione a fronte della quale sta l’ipotesi di una scena che, attraverso l’immagine di una montagna con una grotta alla base per la natività e il culmine per la crocefissione, prospetta l’insieme di simboli che sono a fondamento della cultura figurativa del Medioevo.38Dunque, la verifica scenica era, al pari di tutte le relazioni scientifiche, non solo lo spettacolo utile a suggestionare lo spettatore moderno, ma l’affermazione di una tesi e la definizione di un percorso conoscitivo e ri-creativo di un fatto culturale appartenente al passato.39
Quel Convegno fu l’ultimo che il «Centro Studi» organizzò a Viterbo. Le divergenze e le incomprensioni fra gli Amministratori locali e la Direzione scientifica furono insanabili e il «Centro Studi sul Teatro Medioevale