Non Resta Che Ricominciare. Emmanuel Bodin

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Название Non Resta Che Ricominciare
Автор произведения Emmanuel Bodin
Жанр Современные любовные романы
Серия
Издательство Современные любовные романы
Год выпуска 0
isbn 9788873047551



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che portano in superficie. Intorno a me, una folla come tante formiche in cui io sono affogata. Pensiamo di essere utili, eppure... con uno schiocco delle dita potrebbero sostituirci. Ma siamo davvero unici? Se sì, unici in cosa? Per cosa? Siamo unici per il nostro savoir-faire, le nostre conoscenze personali, il nostro talento. Se siamo in grado di creare, dare vita, modellare con la nostra sensibilità. Siamo unici, se scopriamo il nostro potenziale. Tuttavia, sono pochi i lavori che ci permettono di avere coscienza della nostra unicità. L’essere umano è assimilato troppo spesso ad un semplice pezzo di ricambio, nell’ingranaggio globalista della concatenazione in cui anche la scuola ci forma. Ogni uomo diventa una valvola finanziaria di cui il meccanismo capitalista ha solo bisogno di trarre vantaggio. Ogni individuo può liberamente scegliere quali truffatori sodomiti verranno a derubarlo!

      Nei fine settimana, di solito uscivo a fare una passeggiata. Stavo approfittando un po’ di questo fine stagione. Il bel tempo sarebbe stato sempre più raro e la pioggia avrebbe preso il sopravvento. Volevo quindi prima che arrivasse il maltempo, scoprire i monumenti che non avevo ancora visto e rinfrescare la memoria di quelli che non erano più limpidi nei miei ricordi.

      Una sorta di rituale che avevo istituito per le mie prime settimane a Parigi. Le giornate erano piacevoli, tra lavoro e gite. Poi, pian piano, arrivò il giorno del mio compleanno.

      3.

      Alle tre di mattina, il mio telefono si è messo a vibrare, come una sirena stridente che lacera il silenzio della notte. Ci sono balzata sopra per farlo smettere. Dovevo prendere la chiamata o no? Se rispondessi con la voce ancora assonnata, Frank si renderebbe conto che mi sono appena svegliata. E se ignorassi la chiamata, mi richiamerebbe? Tra Parigi e Irkutsk ci sono sette ore di fuso orario perciò Franck pensava che la mia giornata fosse iniziata e che per me fossero le dieci del mattino. Mi sono fiondata. Da settimane aspettavo questo momento. Con l’indice ho sfiorato il touch screen del telefono per prendere la chiamata.

      «Pronto…»

      Dall’altro lato, un rumore di cornetta riattaccata lasciò posto al silenzio. Nessuna eco rispose al suono della mia voce. Avevo riflettuto a lungo, esitato, prima di decidermi. Avevo perso la chiamata che aspettavo. Sbuffai, stufa, poi inspirai profondamente prima di riporre con calma il telefono sulla scrivania e tornare a distendermi sul lettino. Mi ero appena messa comoda, che un nuovo rumore si diffuse come il ronzio di un insetto. Saltai immediatamente dal letto e afferrai il telefono che avevo appena posato per leggervi il messaggio.

      «Buongiorno Sveta, tanti auguri per i tuoi venticinque anni. Spero che tutto vada bene nella tua vita. A fine giornata proverò a richiamarti. Buona giornata e buon compleanno!»

      Ho riletto il messaggio più volte. Contenuto schematico, niente di eccezionale. Ero cosi felice! Ho iniziato a digitare una risposta: «Grazie, Franck. Sono a Parigi. Mi piacerebbe vederti.»

      Ho riflettuto alcuni secondi. Quale genere di messaggio ero sul punto di mandargli? L’ho cancellato e ho riposto il telefono. Non ero convinta che annunciargli per SMS che ero a Parigi fosse la scelta giusta. Era anche possibile che non mi contattasse più. Sarebbe stato più intelligente dirglielo a voce.

      Cominciai a fantasticare. Immaginavo una serata romantica tête-à-tête, dopo una cena al ristorante. Come poteva turbarmi ancora, anche adesso che non lo vedevo da anni? Da dove veniva questa alchimia ammaliatrice che mi attirava ancora verso di lui? L’attrazione d’amore rimane per me un grande mistero. Era questo d’altronde vero amore? Questa attrazione, anche inconsciamente, potrebbe dipendere da una mancanza d’affetto. Ci sono talmente tanti uomini sulla terra, perché non andare dal primo sconosciuto? Forse a causa delle molteplici delusioni degli ultimi anni. Lui, lo conoscevo già. Sapevo come si comporta. Mi aveva amato sinceramente; mi aveva rispettato.

      A furia di pensare tanto, non riuscivo più a prendere sonno. In cambio una notte in bianco mi tendeva le braccia. Fortunatamente, avevo potuto dormire alcune ore prima di essere svegliata da questa chiamata intempestiva. Anche se il mio sonno era stato disturbato, ero contenta, beata. Mi sono alzata dal letto di buon umore.

      A lavoro, pensavo che nessuno conoscesse la data del mio compleanno. Con mia grande sorpresa, non appena sono arrivata nella stanza principale, i miei colleghi e il mio capo erano già lì. In mezzo al tavolo mi aspettava una grande torta al cioccolato.

      «Buon compleanno, Svetlana!» Gridarono in coro tutti i presenti».

      Mi sentivo cosi a disagio, imbarazzata da questa particolare attenzione.

      Tutti si sono avvicinati per baciarmi. Ho ricevuto diversi mazzi di fiori e scatole di cioccolatini. Il mio capo mi ha regalato dei buoni acquisto per prodotti cosmetici.

      Una collega mi ha chiesto cosa preferissi bere. Prima che avessi il tempo di rispondere, il mio capo iniziò a scherzare, avvertendomi che non c’era vodka. Risi, anche se questa osservazione, al giorno d’oggi, riflette solo un cliché sui paesi dell’Est. Dissi che mi stavo abituando benissimo a farne a meno, le mie traduzioni avrebbero rischiato di essere scritte in una lingua incomprensibile. Presi un semplice succo di arancia con una fetta di torta.

      L’intero gruppo mi poneva delle domande. La loro curiosità li spinse a chiedermi se mi fossi ambientata bene a Parigi. Un gruppetto di tre uomini si interrogava sulla mia vita privata. Volevano chiaramente sapere se stessi con qualcuno. Non osavo raccontare loro ciò che mi preoccupava. Non erano i miei confidenti e non volevo mettere in piazza la mia vita privata. Dissi loro che non ritenevo l’amore una priorità in quel momento. Aggiunsi che preferivo innanzitutto affermarmi professionalmente. Cercai di essere il più convincente possibile, assumendo un tono molto risoluto. Mascheravo la verità, perché volevo risparmiarmi l’interrogatorio sulla mia vita sentimentale. Erano tutti gentili con me. Il minimo che si possa dire è che questo capo sa come far legare bene le persone nella sua società. Mi resi conto di quanto fossi fortunata ad essere stata assunta in un’impresa dal volto così umano. In quante altre società avrebbero festeggiato il mio compleanno in questo modo? Ringraziai tutti calorosamente. Questa sorpresa fece si che la mia giornata iniziasse nel modo più bello.

      Non dimenticando che eravamo sul posto di lavoro, dopo un’ora trascorsa a chiacchierare e fare conoscenza, il capo ci chiese di tornare ai nostri posti, ci siamo quindi avviati ai nostri rispettivi computer. Sulla mia scrivania, un file per tradurre le istruzioni di un vibromassaggiatore elettronico mi stava aspettando. Non soltanto ignoravo che un oggetto del genere avesse bisogno di un manuale d’uso, ma per giunta era collocato accanto a me, sul mio piano di lavoro! L’ho afferrato per esaminarlo. Era pesante ed enorme! Mi chiedevo che tipo di donna usasse un tale arnese! Intorno a me, tutti scoppiarono a ridere, vedendo quell’oggetto scivolare tra le mie dita. Le lacrime m’imperlavano i bordi degli occhi; questa atmosfera festosa m’incantava. Oh sì, mi piaceva molto quel lavoro. Facevo progressi in seno ad una famiglia. Non mancava che una cosa nella mia vita per sentirmi totalmente realizzata…

      A fine giornata, i tre colleghi che mi avevano sottoposta a un vero interrogatorio, mi proposero di andare a bere qualcosa con loro, in un bar. Secondo uno di loro, volevano festeggiare il mio compleanno più degnamente. Anche se la loro proposta sembrava sincera, preferii declinarla; pensavo che avrebbero cominciato a flirtare, dopo avermi fatto ubriacare. Non volevo ripetere l’errore di mescolare lavoro e sentimenti. In Russia, avevo fatto questo errore e non ne conservo ricordi felici. Aspettavo una chiamata in particolare. Prevedevo una serata diversa, così augurai loro una buona serata e viceversa. Poi, tornai a casa, come ogni sera. Avevo contratto questo virus parigino chiamato «metro, lavoro, sonno». Era diventata la mia vita quotidiana già da tre settimane. Tuttavia, il mio lavoro non mi rendeva infelice.

      La mia giornata dura dalle sedici alle diciassette ore. Tutto dipende dai giorni e dai progressi nelle traduzioni. Evito così il momento di massiccio afflusso nei trasporti urbani e cioè quando i viaggiatori sono ammassati come nelle scatole di sardine, sebbene le sardine non siano pressate come noi. Le persone si spingono, per non parlare di quelli le cui natiche sono appiccicate ai sedili pieghevoli, mentre, in piedi, i loro vicini non possono muovere neppure il dito mignolo. Lo spazio assegnatogli consente, a malapena, di mantenersi in equilibrio. La metropolitana