I divoratori. Annie Vivanti

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Название I divoratori
Автор произведения Annie Vivanti
Жанр Любовно-фантастические романы
Серия
Издательство Любовно-фантастические романы
Год выпуска 0
isbn



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sempre. E quel béby avrà la mia camera, e io andrò disopra vicino a Florence in quella stanza piccola.... piccola così. – Edith per illustrare fece un cerchio unendo i pollici e gli indici. – E anche noi ci vestiremo tutti di lutto perchè mio fratello Tom è morto. E Tom era il papà di quel béby. E quel béby è mia nipote.

      – Povero signor Tom! – disse Jim Brown, scotendo la testa. – Era il prediletto di voi tutti, non è vero?

      – Oh! sì, – fece Edith, – si capisce. Eravamo in tanti, che, naturalmente, quelli di mezzo erano i preferiti.

      – Non vedo perchè, – disse Jim.

      – Ma è evidente, – ragionò Edith. – Essendo in tanti si era già stufi di quelli più grandi, e nessuno aveva voglia di quelli più piccoli… ecco perchè! Del resto, – riprese gaia, – poco importa. Tanto, adesso sono tutti morti.

      E si levò dall'erba, e lo aiutò un poco a rimondare le piante di fragola, per far venire l'ora del thè.

      Venne a chiamarla suo nonno, una bella figura di vecchio, alto e maestoso. S'avvicinò lentamente, trascinando un po' i piedi sulla ghiaia del viale.

      Edith gli saltellò incontro e mise la sua mano tiepidetta nelle dita fredde e avvizzite del vecchio. Quindi si avviarono insieme verso la casa.

      – Le hai viste, nonno? – chiese lei, sgambettandogli intorno mentre egli procedeva a passo lento traverso il prato.

      – Visto chi, cara? – domandò il vecchio.

      – Ma Valeria, e la bambinetta.

      – Che bambinetta? – disse il nonno, fermandosi a riposare ed ascoltare.

      – Ma la bambina di Tom, nonno! – disse Edith. – Sai bene! la piccola bambina del povero Tom, che è morto. E' venuta a star quì, con la sua mamma. E c'è anche la sua nurse. Si chiama Wilson.

      – Ah sì? – disse il nonno vagamente, e si mosse per andare avanti. Poi si fermò di nuovo. – Dunque Tom è morto?

      – Ma nonno! nonno! Lo sai bene! Te l'ho pur detto mille volte in questi giorni.

      – E' vero, – disse il vecchio, pensosamente, togliendosi il berretto di velluto nero e passandosi la mano nei fini capelli bianchi. – E' vero; Tom è morto. Povero Tom. Ma.... – continuò, esitando, – quale Tom? Mio figlio Tom? o suo figlio Tom?

      – Tutt'e due quei Tom, – disse Edith; – son morti tutt'e due. L'uno è morto quattro giorni fa, e l'altro è morto sette anni fa; e tu non li devi confondere a quel modo. Dunque, ricordati: un Tom era mio papà e tuo figlio, e l'altro era suo figlio e papà del béby. Adesso non li confonderai più, vero?

      – No, cara, – disse il nonno.

      Dopo qualche istante si fermò di nuovo.

      – E dici che si chiama Wilson?

      – Che chi si chiama Wilson? – esclamò Edith, molto impaziente.

      – Ma come vuoi che lo sappia io? – disse il nonno.

      Allora Edith rise, e rise anche il vecchio.

      – Via, fa lo stesso, nonno, – disse Edith; – non pensarci più. Vieni a vedere il béby.

      – Che béby? – disse il nonno.

      – Ma, nonno!… Il béby del figlio di tuo figlio Tom.

      – Come? – disse il nonno. – Torna un po' a dire....

      – Ma sta attento e ricordati! – spiegò Edith. – Il figlio di tuo figlio Tom, era il papà di questo béby.

      – Il figlio… del tuo Tom… del tuo papà… Dimmi quando devo dire béby.... – disse il nonno.

      Edith si svegliò nella notte e si rizzò spaurita a sedere sul letto.

      – Cos'è? Cos'è? – gridò – Che cos'è successo?

      – Ma niente, – rispose la voce di Florence dalla camera vicina. – Dormi, dormi, caruccia; non è che il béby.

      – Ma perchè strilla così?

      – Eh, sarà, come si dice, « rigirato », – spiegò Florence, con voce di sonno.

      – Allora perchè non lo rigirano per il suo verso?

      – Oh! miss Edith, – esclamò Florence impazientita, – adesso dorma e stia zitta. Quando si dice di un bambino che è rigirato, vuol dire che dorme tutto il giorno e strilla tutta la notte.

      E infatti il béby fece così.

      II

      Un febbraio mite moriva blandamente sulla campagna inglese, quando marzo irruppe con urli di vento e scrosciar di pioggie. Respinse i diffidenti boccioli e il trepido verdeggiare; e via, fischiando per le lande villanamente, se ne andò. La stagione si fermò, timida e intirizzita.

      Una mattina, ecco Primavera far capolino sopra le siepi. Scappò presto inseguita dal vento; ma gettò, fuggendo, una manata di crochi, e lasciò anche cadere una primola o due. Più tardi tornò piano, tra due acquazzoni, a dare una occhiata in giro… E all'improvviso, un giorno, eccola: alta, flava e inghirlandata! Gli astri di brina si sciolsero ai suoi piedi, e le allodole si lanciarono nei cieli.

      Valeria chiese a prestito da Edith il suo grande cappello da giardino, lo legò sotto il mento con un nastro nero, e uscì nel giovane sole, attraverso la campagna di smeraldo.

      Intorno, la lucentezza della verzura nuova si spingeva appassionatamente verso l'adolescente azzurro del cielo. E Tom era morto.

      Tom giaceva nelle tenebre, lontano da tutto ciò, sotto la terra del piccolo cimitero di Nervi, dove il mare, che egli aveva tanto amato, scintillava e danzava a pochi passi dai suoi occhi chiusi, dal suo cuore immoto, dalle sue mani incrociate.

      Ah, le mani incrociate di Tom! Ecco l'unica cosa che ella potesse rammemorare di lui quando, chiudendo gli occhi, tentava di rievocarlo.

      Non le riusciva di veder altro. Per quanto ella si provasse, concentrandosi, con occhi chiusi ed appassionata volontà, rievocarne il viso – ahimè! i cari, noti lineamenti si confondevano, si dileguavano, e nulla restava davanti a lei che quelle tristi mani scolorate, quali le aveva vedute per l'ultima volta. Terribili, inavvicinabili mani!

      Erano quelle, le mani di cui Tom aveva sempre avuto tanta cura? di cui si era compiaciuto con ingenua vanità? quelle, le mani che ella aveva accarezzate, poggiando sovr'esse la guancia? Il solo pensarlo le faceva paura. Quelle mani fisse, finite, rinunzianti, erano dunque le mani che avevano dipinto i delicati paesaggi d'Italia, che ella aveva amato, e gli altri quadri che ella aveva aborrito, perchè in tutti appariva la perlata nudità della bionda modella di Trastevere? Quelle, le mani che remavano nella barca « Luisa » sul Lago Maggiore, conducendo lei e lo zio Giacomo all'Isola Bella? Le mani che improvvisamente avevano afferrate le sue, una mattina alla Madonna del Monte – quella mattina che ella portava un vestito celeste col colletto alla marinara e una cravatta rossa…

      Le pareva ancora di vederlo fermarsi subitamente davanti alla Quinta Cappella e dire, con quel suo strano e caro accento inglese: « Volete essere sposina mia? » Ed ella si era messa a ridere, e gli aveva risposto in inglese, colle sole tre parole che sapeva e che egli stesso le aveva insegnate attraverso la table-d'hôte – : « Yes. Please. Thank-you! »

      Poi, avevano riso tutt'e due, tanto, che lo zio Giacomo aveva detto che la Madonna li punirebbe.

      E la Madonna li aveva puniti. Lo aveva fulminato nel suo venticinquesimo anno, pochi mesi dopo il loro matrimonio, spezzandogli la giovinezza come una bolla di cristallo. A Valeria era toccato udirlo tossire, giorno per giorno, notte per notte, tossire, tossire, tossire; distaccandosi dalla vita a piccoli colpi di tosse secca, e raspamenti di gola; e più tardi in terribili parossismi che lo lasciavano estenuato e senza respiro; e poi in una tosse molle e facile a cui egli quasi non badava più. Erano corsi da Firenze dove c'era troppo vento, a Nervi dove c'era troppo caldo; da Nizza dove c'era troppo rumore, ad Airolo dove c'era troppo silenzio; finalmente, con un impeto di speranza, con un affrettato raccogliere