Un Trono per due Sorelle . Морган Райс

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Название Un Trono per due Sorelle
Автор произведения Морган Райс
Жанр Героическая фантастика
Серия Un Trono per due Sorelle
Издательство Героическая фантастика
Год выпуска 0
isbn 9781640292710



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      INDICE

       CAPITOLO UNO

       CAPITOLO DUE

       CAPITOLO TRE

       CAPITOLO QUATTRO

       CAPITOLO CINQUE

       CAPITOLO SEI

       CAPITOLO SETTE

       CAPITOLO OTTO

       CAPITOLO NOVE

       CAPITOLO DIECI

       CAPITOLO UNDICI

       CAPITOLO DODICI

       CAPITOLO TREDICI

       CAPITOLO QUATTORDICI

       CAPITOLO QUINDICI

       CAPITOLO SEDICI

       CAPITOLO DICIASSETTE

       CAPITOLO DICIOTTO

       CAPITOLO DICIANNOVE

       CAPITOLO VENTI

       CAPITOLO VENTUNO

       CAPITOLO VENTIDUE

       CAPITOLO VENTITRÉ

       CAPITOLO VENTIQUATTRO

       CAPITOLO VENTICINQUE

       CAPITOLO VENTISEI

       CAPITOLO VENTISETTE

      CAPITOLO UNO

      Di tutte le cose da odiare nella Casa degli Indesiderati, la macina era quella che Sofia temeva di più. Sbuffava mentre spingeva contro un braccio connesso a un palo gigante che scompariva nel pavimento, mentre attorno a lei le altre orfane spingevano ciascuna contro il proprio. Era dolorante e sudava mentre premeva, i capelli rossi madidi e impiastricciati per il lavoro, il ruvido abito grigio ancora più macchiato per il sudore. Il suo vestito era più corto di quanto avrebbe voluto, adesso, e risaliva a ogni passo mostrando il tatuaggio a forma di maschera che aveva al polpaccio e che la marchiava per quello che era: un’orfana, una cosa di proprietà.

      Le altre ragazze lì presenti avevano addosso cose addirittura peggiori. A diciassette anni Sofia era almeno una delle più vecchie e grandi del gruppo. L’unica persona più vecchia nella stanza era Sorella O’Venn. La suora della Dea Mascherata indossava la divisa nera corvina dell’ordine, insieme a una maschera di pizzo che – ogni orfano lo imparava presto – le permetteva di vedere attraverso, fino al più piccolo particolare di ogni errore. La sorella aveva in mano la fascia di pelle che usava per infliggere le punizioni, piegandola tra le mani mentre mormorava di sottofondo, pronunciando le parole del Libro delle maschere, omelie sul bisogno di perfezionare anime abbandonate come loro.

      “In questo posto imparate ad essere utili,” intonò. “In questo posto imparate ad essere di valore, cosa che non siete stata per le donne che vi hanno messo al mondo. La Dea Mascherata ci dice che dobbiamo dare forma al nostro posto nel mondo con i nostri sforzi, e oggi i vostri sforzi fanno ruotare le macine del grano e… fai attenzione, Sofia!”

      Sofia rabbrividì sentendo l’impatto e lo schicco della cintola. Strinse i denti. Quante volte era stata picchiata in vita sua dalle sorelle? Per aver fatto la cosa sbagliata, o per non aver fatto abbastanza velocemente quella giusta? Per essere tanto carina da costituire un peccato di per sé? Per avere i capelli rosso fuoco di una combina guai?

      Se solo avessero conosciuto il suo talento. Rabbrividì al pensiero, perché per esso l’avrebbero picchiata a morte.

      “Mi ignori, stupida ragazza?” chiese la suora. Colpì ancora, e poi ancora. “Inginocchiatevi di fronte al muro, tutte voi!”

      Quella era la cosa peggiore: non importava che si facesse tutto giusto. Le sorelle avrebbero picchiato tutte indistintamente per gli errori di una.

      “Bisogna ricordavi,” disse seccamente Sorella O’Venn, mentre Sofia sentiva il grido di una ragazza, “cosa siete. O dove siete.” Un’altra ragazza gemette mentre la fascia di cuoio le colpiva la carne. “Voi siete le figlie che nessuno ha voluto. Siete proprietà della Dea Mascherata, che con la sua grazia vi ha dato una casa.”

      Si diresse dall’altra parte della stanza, e Sofia sapeva che lei sarebbe stata l’ultima. L’idea era di farla sentire in colpa per il dolore delle altre, e dare loro il tempo di odiarla per aver causato questo, prima che venisse lei stessa picchiata.

      Picchiata mentre se ne stava lì inginocchiata ad aspettare.

      Quando avrebbe potuto semplicemente andarsene.

      Quel pensiero venne a Sofia così spontaneo che dovette controllare che non si trattasse di un qualche genere di messaggio da parte della sua sorella più giovane, o che non lo avesse colto da qualcuna delle altre. Era quello il problema con un talento come il suo: veniva quando voleva, non quando richiesto. Eppure pareva che il pensiero fosse veramente suo. E più ancora: era vero.

      Meglio rischiare la morte che stare qui ancora un giorno.

      Ovviamente, se osava andarsene, la punizione sarebbe stata peggiore. Trovavano sempre un modo di renderla peggiore. Sofia aveva visto ragazze che avevano rubato o si erano ribellate, patire la fame per giorni, costrette