Soldato, Fratello, Stregone . Морган Райс

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Название Soldato, Fratello, Stregone
Автор произведения Морган Райс
Жанр Героическая фантастика
Серия Di Corone e di Gloria
Издательство Героическая фантастика
Год выпуска 0
isbn 9781640290709



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facendoli vergognare e retrocedere, incontrando i loro sguardi senza riguardo per chi fossero.

      “Niente più uccisioni,” disse. “Niente più.”

      “E allora cosa ne facciamo?” chiese un ribelle indicando i nobili. Era ovviamente più coraggioso del resto, o magari semplicemente odiava di più i nobili.

      “Li arrestiamo,” disse Ceres. “Papà, Sartes, potete occuparvene? Accertatevi che nessuno li uccida, né faccia male a qualcun altro.”

      Poteva immaginare tutti i modi in cui sarebbe potuta andare storta. C’era così tanta rabbia tra le gente della città e tra tutti coloro che avevano subito torti dall’Impero. Sarebbe stato facile che questo si trasformasse in qualche sorta di massacro nello stile di Lucio, con gli orrori in cui Ceres non avrebbe mai voluto trovarsi coinvolta.

      “E tu cosa farai?” chiese Sartes.

      Ceres poteva capire la paura che sentiva in questo. Suo fratello aveva probabilmente pensato che lei sarebbe stata lì per organizzare tutto, ma la verità era che non c’era nessuno più di lui di cui Ceres si fidasse.

      “Devo finire di conquistare il castello,” disse Ceres. “A modo mio.”

      “Sì,” disse la regina Atena intromettendosi. “Impregna le tue mani di altro sangue. Quante persone sono morte fino ad ora per i tuoi cosiddetti ideali?”

      Ceres avrebbe potuto ignorarla. Sarebbe potuto andare via e basta, ma c’era qualcosa della regina che semplicemente era impossibile tralasciare, come una ferita non ancora del tutto guarita.

      “Quanti sono morti così che tu potessi prendere loro quello che volevi?” ribatté Ceres. “Hai fatto così tanto per fare a pezzi la ribellione, quando avresti potuto semplicemente ascoltare e imparare qualcosa. Hai fatto del male a tantissime persone. E la pagherai cara.”

      Vide il sorriso teso della regina. “Senza dubbio con la mia testa.”

      Ceres la ignorò e fece per andarsene.

      “Eppure,” disse la regina Atena. “Non sarò sola. È troppo tardi per Tano, cara.”

      “Tano?” disse Ceres, e la parola bastò a farla fermare. Si girò verso il trono dove la regina Atena ancora sedeva. “Cos’hai fatto? Dov’è?”

      Vide il sorriso della regina allargarsi. “Davvero non lo sai, eh?”

      Ceres poteva sentire la rabbia e l’impazienza che salivano. Non per il modo in cui la regina si stava prendendo gioco di lei, ma per ciò che sarebbe potuto significare se Tano fosse stato veramente in pericolo.

      La regina rise ancora. Questa volta nessuno la imitò. “Hai fatto tutta la strada fino a qui, e non sai neanche che il tuo principe preferito sta per morire per aver assassinato il suo re.”

      “Tano non avrebbe mai assassinato nessuno!” insistette Ceres.

      Non sapeva perché doveva dirlo. Sicuramente nessuno credeva veramente che Tano potesse mai fare qualcosa del genere!

      “Eppure morirà per questo,” rispose la regina Atena, con una nota di calma che fece correre Ceres verso di lei e puntarle la lama alla gola.

      In quel momento tutti i pensieri di fermare la violenza caddero dimenticati nella sua mente.

      “Dove si trova?” chiese “Dove si trova?”

      Vide la regina impallidire e ci fu una parte di Ceres felice di questo. La regina Atena meritava di avere paura.

      “Il cortile meridionale, è lì in attesa della sua esecuzione. Vedi, non sei diversa da noi.”

      Ceres la trascinò giù dal trono. “Qualcuno la prenda prima che faccia qualcosa di cui potrei pentirmi.”

      Ceres corse fuori dalla sala, facendosi strada in mezzo ai combattimenti che la circondavano. Dietro di sé sentì la regina Atena che rideva.

      “Sei arrivata troppo tardi! Non arriverai mai in tempo per salvarlo.”

      CAPITOLO SETTE

      Stefania stava seduta guardando l’orizzonte, facendo del suo meglio per ignorare i sussulti della barca e cercando di giudicare il momento giusto per uccidere il capitano.

      Che dovesse farlo non era da mettere in dubbio. Felene era stata come un dono dagli dei quando Stefania e la sua damigella l’avevano incontrata a Delo. Felene era stata il mezzo per uscire dalla città, e un mezzo per raggiungere Cadipolvere. E tutto datole da Tano stesso.

      Ma dato che era di Tano, doveva morire. Il solo fatto che gli fosse così leale da portarle tanto distante significava che era troppo leale per fidarsi di tutto ciò che Stefania intendeva fare poi. L’unica questione ora era il tempismo.

      Quella era un’azione da bilanciare. Stefania sollevò lo sguardo e vide gli uccelli di mare che volavano sopra le loro teste.

      “Sono un segno che ci stiamo avvicinando a riva, no?” chiese.

      “Molto bene, principessa,” disse Felene spostandosi da dove si trovava e cercando di spiegare ad Elethe come pescare e standole leggermente più vicino di quanto fosse necessario. La familiarità del suo tono fece venire la pelle d’oca a Stefania, ma lei fece del suo meglio per mascherarlo.

      “Quindi saremo presto arrivate?”

      “Ancora un po’ e vedremo la terraferma,” disse Felene. “Un altro attimo dopo quello e raggiungeremo il villaggio di pescatori dove Elethe dice che troveremo la gente di suo zio. Perché? Felice di smettere di vomitare?”

      “Felice di fare un sacco di cose,” rispose Stefania. Anche se rimettere finalmente i piedi a terra era una di quelle. Le nausee della mattina non andavano perfettamente a braccetto con il mal di mare.

      Era solo uno dei motivi per cui aveva bisogno di uccidere Felene il prima possibile. Prima o poi si sarebbe resa conto che Stefania era incinta, e questo non calzava con la storia che le aveva raccontato di Lucio che l’aveva costretta a bere la pozione.

      Quando l’avrebbe capito? Non sarebbe potuto essere più ovvio ora a Stefania che era incinta, il vestito che le stava teso sulla pancia sempre più larga, il corpo che sembrava cambiare in così tanti modi mentre quella vita cresceva dentro di lei. Si mise automaticamente una mano sull’addome con l’intento di proteggere la vita dentro di lei, volendo che crescesse e diventasse forte. Ma Felene continuava a trascorrere il suo tempo con Elethe, così distratta dal suo bel viso.

      Quella era un’altra cosa da considerare nel pensare a come agire. Stefania doveva lasciar passare il tempo sufficiente da permettere loro di arrivare abbastanza vicini alla terra, ma più il tempo passava e più c’era il pericolo che la lealtà della sua damigella venisse messa alla prova. Per quanto Felene fosse utile, Elethe lo sarebbe stata ancora di più nell’aiutarla a trovare lo stregone. E poi la damigella era sua.

      Ma per ora Stefania aspettava, perché non voleva dover guidare quella bagnarola quando ancora non c’era terraferma in vista. Aspettava e guardava mentre Felene aiutava la sua damigella a tirare su un grosso pesce, decapitandolo con un coltello dall’aspetto molto affilato. Solo il fatto che la guardasse mentre lo faceva le fece capire che il suo tempo stava per scadere.

      I pensieri del motivo per cui si trovava lì spinsero Stefania ad agire, rinsaldando la sua risoluzione. Cadipolvere ospitava lo stregone che aveva ucciso gli Antichi. Cadipolvere le avrebbe fornito un modo per eliminare Ceres. Dopodiché… dopodiché avrebbe potuto occuparsi di Tano, facendo di suo figlio l’arma di cui aveva bisogno.

      “Non doveva andare così,” disse Stefania, alzandosi in modo da poter guardare oltre il parapetto.

      “Cosa c’è, principessa?” chiese Felene.

      “Ho detto, è terra quella laggiù?” chiese Stefania.

      Lo era, la polvere nera della costa che si ergeva all’orizzonte. All’inizio apparve solo