Название | Vincitore, Vinto, Figlio |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Di Corone e di Gloria |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781640293069 |
Quella era un’altra forma di eresia. Per i vivi nulla contava, eccetto l’essere utili al compimento dei desideri dei morti. Se un’intera isola di gente moriva per mano di un invasore, quello era un onore glorioso per loro, non qualcosa da trattare come un imminente disastro. Tutto ciò che importava nella vita era esaudire i desideri dei morti e ottenere per se stessi una fine che fosse correttamente gloriosa. Gli oratori dei morti l’avevano reso chiaro. Jeva aveva addirittura udito lei stessa i sussurri dei morti quando il fumo si era levato dalle pire dei veggenti.
Continuò a navigare, ignorando quelle sensazioni e sentendo la spinta delle onde contro il timone mentre teneva la sua piccola barca in rotta verso casa. Ora si trovava ad udire altre voci che discutevano per avere compassione, per salvare Haylon, per aiutare Tano.
Lo aveva visto rischiare la sua stessa vita per aiutare gli altri per nessuna evidente ragione che lei potesse vedere. Quando si era trovava legata a una nave di Cadipolvere come una polena, aspettando di essere scuoiata, lui era venuto a salvarla. Quando avevano lottato fianco a fianco lo scudo di Tano era stato il suo in un modo mai visto con il suo popolo.
Aveva visto in Tano qualcosa da ammirare. Forse più che da ammirare. Aveva visto qualcuno che si trovava al mondo per fare il meglio che poteva, non solo per trovare il modo più perfetto per esistere. Le nuove voci che Jeva udiva le dicevano che quello era il modo in cui anche lei avrebbe dovuto vivere, e che andare in soccorso ad Haylon era parte di questo.
Il problema era che Jeva sapeva benissimo che quelle voci venivano solo da dentro di lei. Non avrebbe dovuto ascoltarle così fortemente. La sua gente di certo non l’avrebbe fatto.
“Quello che è rimasto di loro,” disse Jeva, e il vento si portò via le sue parole.
Il villaggio della sua tribù era sparito. Ora sarebbe andata a un altro luogo di riunione per chiedere a un altro gruppo della sua gente le loro vite. Jeva sollevò lo sguardo e osservò il modo in cui il vento gonfiava la piccola vela della sua barca. Poi guardò verso la schiuma che imbiancava l’oceano. Tutto tranne pensare a quello che avrebbe dovuto fare per farlo accadere. Lo stesso le parole vennero fuori, incontrovertibili come la fine della vita.
Avrebbe dovuto affermare di parlare con le parole dei morti.
C’era voluto il mondo dei morti per farli andare a Delo, anche se Jeva e Tano quella volta non avevano sostenuto di parlare per loro. Ma Jeva non poteva semplicemente lasciare questa cosa agli oratori. C’erano troppe probabilità che dicessero di no, e poi cosa sarebbe successo?
La morte del suo amico. Non poteva permetterlo. Anche se questo significava fare l’inimmaginabile.
Jeva guidò l’imbarcazione più vicina alla costa facendosi strada tra gli scogli e i relitti di navi che vi si erano schiantate contro. Quella non era la spiaggia più vicina alla sua vecchia casa, ma un posto un po’ più in là lungo la costa, in un altro dei grandi luoghi di riunione. Però erano pur sempre riusciti a mantenere puliti i relitti. Jeva sorrise sentendosene un poco orgogliosa.
Delle barche uscirono in mare e avanzarono verso di lei. Per lo più erano imbarcazioni leggere, canoe a bilanciere, disegnate per intercettare ciò che era ovviamente qualcosa di fattura non appartenente al Popolo delle Ossa. Se Jeva non fosse stata ovviamente una di loro, si sarebbe potuta trovare a combattere per la propria vita. Invece le si raccolsero attorno ridendo e scherzando nel modo che mai usavano con gli stranieri.
“Una barca bellissima, sorella. Quanti uomini hai ucciso per averla?”
“Ucciso?” disse un altro. “Probabilmente sono andati alla morte per la paura, non appena l’hanno vista!”
“Andrebbero alla morte vedendo te, per la tua bruttezza,” rispose Jeva e gli uomini risero con lei. Era così che andavano le cose lì.
Il modo in cui si facevano le cose era importante. La sua gente poteva sembrare strana agli stranieri, ma avevano le loro regole e i loro modelli di comportamento. Ora Jeva sarebbe andata da loro, e se avesse affermato di parlare per i morti, allora avrebbe spezzato la più fondamentale di quelle regole. Poteva essere espulsa dalla comunità dei morti per averla infranta, uccisa senza che le sue ceneri venissero mescolate alle pire per essere consumate.
Portò la barca vicina alla riva e saltò a terra tirandola sulla spiaggia. C’erano altre persone che la aspettavano lì. Una ragazza le corse incontro con un’urna funeraria, offrendole un pizzico delle polveri del villaggio. Jeva le prese e le assaggiò. Simbolicamente ora era una del villaggio, una parte della loro comunità con i loro antenati.
“Benvenuta sacerdotessa,” disse uno degli uomini sulla spiaggia. Era un uomo anziano con la pelle rugosa, ma provava rispetto per Jeva per i segni che proclamavano che lei aveva attraversato i riti. “Cosa porta alle nostre coste una portavoce dei morti?”
Jeva rimase ferma, considerando la propria risposta. Sarebbe stato così facile affermare a quel punto che parlava per coloro che erano morti. Aveva avuto la sua parte di visioni: da ragazza c’erano stati quelli che avevano pensato che sarebbe diventata una grandiosa oratrice dei morti. Lo aveva proclamato uno dei più anziani oratori, dicendo che lei avrebbe detto parole capaci di scuotere l’intero popolo.
Se affermava che i morti l’avevano chiamata lì e avevano chiesto che il suo popolo combattesse per Haylon, avrebbero potuto crederlo senza discussioni. Avrebbero potuto credere alla sua autorità presa in prestito, dato che obbedivano a ben meno.
Se ci fosse riuscita sarebbe effettivamente stata in grado di salvare Haylon. Ci poteva essere una possibilità che la sua gente fosse abbastanza per fermare l’attacco da parte della flotta di Cadipolvere. Potevano essere capaci di guadagnare tempo almeno per la difesa. Se avesse mentito.
Ma Jeva non poteva farlo. Non era solo la bugia che stava nel cuore stesso della questione, anche se il fatto che la stesse considerando la faceva inorridire. Non era neanche il fatto che ciò andasse contro tutto ciò che la sua gente credeva riguardo al mondo. No, era il fatto che Tano non avrebbe mai voluto che lei lo facesse a quel modo. Non avrebbe mai voluto che lei ingannasse della gente portandola alla loro morte, o costringendoli ad affrontare il potere di Cadipolvere senza sapere la verità del perché lo stavano facendo.
“Sacerdotessa?” chiese l’anziano. “Sei qui per parlare con la voce di morti?”
Cos’avrebbe fatto allora? Jeva aveva già una risposta, forgiata dall’ultima volta che Tano era stato nelle terre del suo popolo. Forgiata da tutto ciò che aveva fatto da allora.
“No,” disse. “Non sono qui per parlare per i morti. Sono Jeva e oggi intendo parlare per i vivi.”
CAPITOLO QUATTRO
Irrien camminava in mezzo a prati pieni dei morti, guardandosi attorno e osservando il massacro che aveva scatenato senza alcuna della normale soddisfazione che in genere provava per cose del genere. Attorno a lui gli uomini del Nord giacevano morti o morenti, schiacciati dai suoi eserciti, massacrati dai suoi cacciatori. Irrien si sarebbe dovuto sentire trionfante in quel momento. Avrebbe dovuto provare gioia per quel successo, o potere nel vedere i suoi nemici distrutti.
Invece si sentiva come se l’avessero derubato della vera vittoria.
Un uomo con addosso l’armatura scintillante dei suoi avversari sbuffava nel fango, cercando di stare appeso alla vita nonostante le ferite che gli erano state inferte. Irrien prese una lancia da un cadavere lì vicino e gliela conficcò nel corpo. Anche uccidere una cosa debole e insignificante come quella non fece nulla per risollevargli l’umore.
La verità era che era stato tutto troppo facile. C’erano stati pochissimi nemici perché quella battaglia potesse ritenersi qualcosa che valesse la pena di fare. Avevano razziato il Nord passando attraverso villaggi e piccoli castelli, addirittura attraverso la fortezza che era stata di Lord West. In ogni posto avevano trovato abitazioni vuote e castelli ancora più vuoti, stanze che la gente aveva abbandonato in tempo per fuggire all’orda che stava