Obiettivo Primario. Джек Марс

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Название Obiettivo Primario
Автор произведения Джек Марс
Жанр Современные детективы
Серия Le Origini di Luke Stone
Издательство Современные детективы
Год выпуска 0
isbn 9781640298705



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in salita carichi dell’attrezzatura e le armi. In dieci minuti arrivarono alla vecchia base operativa avanzata sulle colline rocciose fuori dal villaggio.

      Con sorpresa di Luke, il posto andava bene. Non c’erano scorte, ovviamente, ma le sacche di sabbia erano ancora al loro posto, e da lì si vedeva tutta l’area circostante. Luke riusciva a intravedere le luci accese nelle case, e l’elicottero in fiamme.

      “Martinez, vedi se riesci a richiamare Bagram alla radio. Ci serve un’estrazione. La partita di nascondino è finita. Digli di mandarci aiuti in forze. Dobbiamo tornare dentro al campo e portare fuori i nostri uomini.”

      Martinez annuì. “Te l’avevo detto, amico. La fortuna finisce per tutti.”

      “Non parlarmene, Martinez. Tiraci fuori di qui, va bene?”

      “Certo, Stone.”

      Era una notte buia. La tempesta si era calmata. Avevano ancora le armi, e in mezzo al terrapieno protetto dalle sacche di sabbia gli uomini stavano ricaricando le munizioni e controllando l’equipaggiamento.

      Non era fuori questione che…

      “Murphy, lancia un raggio di segnalazione,” disse. “Voglio vedere con cosa abbiamo a che fare.”

      “E rivelare la nostra posizione?” contestò Murphy.

      “Credo che sappiano già dove siamo,” replicò lui.

      Murphy scrollò le spalle e sparò nel cielo notturno.

      Il razzo si alzò lentamente nell’aria, gettando ombre spettrali sul terreno roccioso al di sotto. La terra sembrava quasi ribollire. Luke fissò e fissò, cercando di dare un senso a quello che stava vedendo. C’era talmente tanta attività da sembrare un formicaio, o una colonia di ratti.

      Erano uomini. Centinaia di uomini stavano portando loro stessi, la loro attrezzatura e le loro armi in posizione.

      “Direi che avevi ragione,” disse Murphy. “Sanno che siamo qui.”

      Luke guardò Martinez.

      “Martinez, come è la situazione dell’estrazione?”

      Il soldato scosse la testa. “Dicono che non è possibile. Ci sono violente tempeste di sabbia ovunque tra qui e la base. Zero visibilità. Non riescono neanche a far decollare gli elicotteri. Ci ordinano di tenere duro fino al mattino. Il vento dovrebbe abbassarsi dopo l’alba.”

      Luke lo fissò. “Devono fare di meglio di così.”

      Martinez scrollò le spalle. “Non possono. Se gli elicotteri non volano, non c’è niente da fare. Vorrei che le tempeste fossero iniziate prima della nostra partenza.”

      Luke fissò la massa brulicante di talebani sul fianco della collina sotto di loro. Si rivoltò verso il commilitone.

      Martinez aprì la bocca come per parlare.

      Lui gli puntò contro il dito. “Non dirlo. Preparati a combattere e basta.”

      “Sono sempre pronto a combattere,” replicò il soldato.

      Gli spari iniziarono un momento più tardi.

      ***

      Martinez stava gridando.

      “Arrivano da tutti i lati!”

      Aveva gli occhi sgranati. Le sue pistole erano svanite. Aveva preso un AK-47 da un talebano, e stava infilzando con la baionetta chiunque oltrepassasse il muro. Luke lo guardava in preda all’orrore. Era un’isola, una piccola nave in un mare di combattenti talebani.

      E stava naufragando. Poi svanì sotto un gruppo di uomini.

      Stavano cercando di sopravvivere fino all’alba, ma il sole si rifiutava di sorgere. Le munizioni erano finite. Era freddo, e Luke non aveva più la maglietta. Gli era stata strappata nella foga della mischia.

      Combattenti talebani barbuti e con il turbante si riversavano oltre le mura dell’avamposto. Gli uomini gridavano tutto intorno a lui.

      Un guerriero superò le mura con un’accetta di metallo.

      Luke gli sparò in faccia. L’uomo ricadde senza vita contro le sacche di sabbia. Così era Luke ad avere l’accetta. Si gettò in mezzo ai talebani che circondavano Martinez, agitando selvaggiamente l’arma. Il sangue schizzò. Lui colpì e tagliò.

      Martinez riapparve, di nuovo in piedi, e sferrò colpi con la baionetta.

      Luke affondò l’accetta nel cranio di un uomo. Andò a fondo e non riuscì più a estrarla. Anche con l’adrenalina che gli scorreva nelle vene, non gli rimanevano più forze. Guardò Martinez.

      “Stai bene?”

      Il soldato scrollò le spalle e indicò i corpo che li circondavano. “Sono stato meglio di così, devo ammetterlo.”

      C’era un AK-57 ai piedi di Luke. Lo prese e controllò il caricatore. Vuoto. Lo gettò via ed estrasse la pistola. Sparò verso il fossato, invaso dai nemici. Una fila stava correndo verso di loro. Altri ancora arrivavano scivolando, cadendo e saltando al di là del muro.

      Dove erano i suoi uomini? Qualcun altro era ancora vivo?

      Uccise il combattente più vicino con un proiettile in faccia. La sua testa esplose come un pomodoro maturo. Poi afferrò il suo corpo per la tunica e lo tenne come uno scudo. L’uomo senza testa era leggero, quasi come se fosse un mucchio di vestiti vuoti.

      Uccise quattro uomini con quattro colpi. Continuò a sparare.

      Ma poi finì i proiettili. Di nuovo.

      Un talebano lo caricò con un AK-47 con la baionetta attaccata. Luke gli spinse contro il cadavere, poi gettò la pistola come un tomahawk. Rimbalzò sulla testa dell’uomo, distraendolo per un secondo. Luke sfruttò quel momento. Lo aggredì, superando la lama della baionetta. Affondò due dita negli occhi dell’avversario e tirò.

      L’uomo gridò. Sollevò le mani al volto. Ora era Luke ad avere l’AK. Pugnalò il nemico con la baionetta al petto, due, tre, quattro volte. La spinse in fondo.

      L’uomo tirò il suo ultimo respiro davanti a lui.

      Le mani di Luke si mossero sul suo cadavere. C’era una granata nel taschino del morto. La prese, tolse la sicura e la gettò al di là del bastione sull’orda in arrivo.

      Arrivò a terra.

      BOOOM.

      L’esplosione fu vicina, e alzò polvere e roccia e sangue e ossa. Il muro di sacche di sabbia quasi gli collassò addosso.

      Luke si rialzò a fatica, assordato e con le orecchie che fischiavano. Controllò l’AK. Vuoto. Ma aveva ancora la baionetta.

      “Avanti, bastardi!” gridò. “Andiamo!”

      Altri uomini oltrepassarono il muro, e lui li pugnalò in preda alla frenesia. Li colpì e macellò a mani nude. Li sparò con le loro stesse pistole.

      Un uomo superò quello che era rimasto del muro. Ma non era un uomo, era un ragazzo. Non aveva la barba. Non gli serviva un rasoio. La sua pelle era liscia a scura. I suoi occhi marroni erano rotondi per il terrore. Si stringeva le mani al petto.

      Luke stava affrontando un ragazzino che doveva avere appena quattordici anni. Ce n’erano altri che si avvicinavano alle sue spalle. Scivolavano e atterravano contro la barriera. Il passaggio era ostruito dai cadaveri.

      Perché tiene le mani così?

      Luke sapeva il motivo. Era un attentatore suicida.

      “Granata!” gridò, anche se nessuno era vivo per sentirlo.

      Balzò all’indietro, scavando sotto un corpo e poi un altro. Ce n’erano così tanti che non poteva smettere di strisciare, avanzando fino al centro della terra, mettendo una coperta di uomini morti tra di sé e il ragazzo.

      BOOOM!

      Udì