Название | Arena Uno: Mercanti Di Schiavi |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Trilogia Della Sopravvivenza |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781632911025 |
A peggiorare la situazione, diceva, c’era il fatto che l’America era ormai così affollata, che per qualsiasi politico era diventato più difficile catturare l’attenzione nazionale, e che i politici di entrambi i partiti avevano iniziato a rendersi conto che prendere posizioni estreme era l’unico modo per conquistare spazio mediatico nazionale – ciò che gli serviva per le loro ambizioni personali.
Come risultato, i personaggi di primo piano di entrambi i partiti erano quelli più estremisti, tutti impegnati a scavalcarsi l’un l’altro, a prendere posizioni alle quali in realtà non credevano neanche loro ma che erano costretti a prendere. Naturalmente, quando i due partiti discutevano, potevano soltanto scontrarsi tra loro – e così facevano, con parole sempre più pesanti. All’inizio, erano solo insulti e attacchi personali. Ma col tempo, la guerra verbale si è intensificata. E poi un giorno, ha attraversato il punto di non ritorno.
Un giorno, circa dieci anni fa, arrivò il momento critico fatale quando un leader politico minacciò l’altro usando una parola fatidica: “secessione”. Se i Democratici avessero provato ad alzare le tasse anche di un solo centesimo, il suo partito si sarebbe distaccato e ogni villaggio, ogni città, ogni stato sarebbe stato diviso in due. Non in base alla terra, ma all’ideologia.
Il tempismo non poteva essere peggiore: a quel punto, la nazione era in depressione economica, e c’erano in giro abbastanza persone scontente, stufe di perdere lavoro, per fargli guadagnare popolarità. Ai media erano piaciuti molto gli indici di ascolto che aveva ottenuto, e gli misero a disposizione sempre più spazio. Presto la sua popolarità crebbe. Alla fine, senza nessuno a fermarlo, con i Democratici contrari a compromessi, e con lo slancio del momento a favorirlo, la sua idea si era rafforzata. Il suo partito propose la propria bandiera nazionale e perfino la propria valuta.
Fu il primo punto di svolta. Se qualcuno avesse fatto la voce grossa e l’avesse bloccato allora, tutto quanto poteva essere fermato. Ma nessuno lo fece. E così andò ancora oltre.
Incoraggiato, questo politico propose che la nuova unione avesse anche la propria polizia, i propri tribunali, la propria cavalleria di stato—e le proprie forze armate. Era il secondo punto di svolta.
Se il Presidente Democratico di allora fosse stato un buon leader, avrebbe fermato le cose. Ma peggiorò la situazione facendo una scelta sbagliata dopo l’altra. Anziché provare a calmare la situazione, ad affrontare le ragioni profonde che avevano portato a tale malcontento, decise che l’unico modo per sopprimere quella che chiamava “la Rivolta” era tenere una linea dura: accusò l’intera direzione repubblicana di sedizione. Dichiarò la legge marziale, e nel mezzo della notte, li arrestò tutti.
Ciò fece precipitare la situazione, e rianimò tutto il loro partito. Rianimò anche metà delle forze armate. Le persone erano divise, dentro ogni casa, ogni città, ogni caserma; lentamente, la tensione montava nelle strade, e vicino odiava vicino. Anche le famiglie erano divise.
Una notte, i capi militari fedeli ai Repubblicani seguirono ordini segreti e misero in atto un golpe, facendoli evadere di prigione. La situazione era in stallo. E sui gradini del Campidoglio, venne sparato il primo colpo fatidico. Un giovane soldato pensò di avere visto un ufficiale in procinto di estrarre una pistola e sparò per primo. Una volta caduto il primo soldato, non ci fu punto di ritorno. La linea finale era stata oltrepassata. Un americano aveva ucciso un americano. Venne fuori uno scontro a fuoco, con dozzine di ufficiali morti. I leader repubblicani furono immediatamente portati in una località segreta. E da quel momento in poi, le forze armate si spaccarono in due. Il governo si spaccò in due. Città, villaggi, contee, stati: tutti spaccati in due. Questa venne conosciuta come la Prima Ondata.
Durante i primi giorni, gli specialisti delle crisi e le fazioni del governo tentarono disperatamente di fare pace. Ma era troppo poco, troppo tardi. Niente poteva fermare la tempesta che stava arrivando. Una fazione di generali interventisti prese la situazione in mano, cercando gloria, cercando di essere i primi a fare guerra, cercando il vantaggio della velocità e della sorpresa. Decisero che schiacciare subito l’opposizione era la maniera migliore per mettere fine a tutto questo.
E la guerra ebbe inizio. Seguirono battaglie sul territorio americano. Pittsburgh divenne la nuova Gettysburg, con duecentomila morti in una settimana. Carri armati si mobilitavano contro carri armati. Aerei contro aerei. Ogni giorno, ogni settimana, cresceva la violenza. Le barricate erano state innalzate, le forze armate e la polizia erano divisi, e le battaglie si erano diffuse a ogni stato nella nazione. In qualsiasi posto, ci si combatteva a vicenda, amico contro amico, fratello contro fratello. Si era raggiunto un punto in cui nessuno sapeva più per che cosa si stava lottando. L’intera nazione era cosparsa di sangue, e nessuno sembrava in grado di fermare tutto questo. Questa divenne conosciuta come la Seconda Ondata.
Fino a quel momento, per quanto sanguinosa, si trattava ancora di guerra convenzionale. Ma poi arrivò la Terza Ondata, la peggiore di tutte. Il Presidente, in preda alla disperazione, al lavoro in un bunker segreto, decise che c’era un solo modo per reprimere quella che insisteva a chiamare “la Rivolta”. Convocati i suoi migliori ufficiali militari, questi gli consigliarono di usare ciò che di più potente aveva per reprimere la rivolta una volta per tutte: missili nucleari locali e mirati. Acconsentì.
Il giorno successivo cariche nucleari vennero sganciate sulle roccaforti repubblicane in tutta l’America. Centinaia di migliaia di persone morirono quel giorno, in luoghi come Nevada, Texas, Mississippi. Milioni ne morirono quello dopo.
I Repubblicani risposero. Presero controllo dei propri armamenti, colsero di sorpresa il Norad, e lanciarono le loro cariche nucleari sulle roccaforti democratiche. Stati come il Maine e il New Hampshire vennero sventrati. Nei dieci giorni seguenti, quasi tutta l’America venne distrutta, una città dopo l’altra. Ondate di pura devastazione, e quelli che non vennero uccisi dall’attacco diretto morirono subito dopo per via dell’aria e dell’acqua tossiche. Questione di un mese, e non era rimasto nemmeno nessuno a combattere. Le strade e gli edifici si svuotarono di colpo, visto che le persone erano state messe a combattere contro quelli che prima erano i loro vicini.
Ma papà non ha nemmeno aspettato la leva – è per questo che lo odio. Se n’è andato troppo presto. Era stato ufficiale nel corpo dei marine per vent’anni prima che tutto scoppiasse, e aveva previsto tutto prima di quasi tutti. Ogni volta che guardava le notizie, ogni volta che vedeva due politici urlarsi addosso nelle maniere più irrispettose, alzando la posta di continuo, papà scuoteva la testa e diceva, “Questo porterà alla guerra. Credi a me”.
E aveva ragione. Paradossalmente, papà aveva già prestato i suoi anni di servizio ed era andato in pensione dal Corpo anni prima che questo accadesse; ma quando venne sparato quel primo colpo, in quello stesso giorno, si riarruolò. Prima si parlava tanto di guerra totale. È stato probabilmente il primo in assoluto ad arruolarsi volontario, per una guerra che ancora non era nemmeno iniziata.
Ed è per questo che ce l’ho ancora con lui. Perché ha dovuto farlo? Perché non ha potuto semplicemente lasciare che tutti gli altri si uccidessero fra loro? Perché non ha potuto rimanere a casa, a proteggerci? Perché gli importava più del suo paese che della sua famiglia?
Ricordo ancora, nitido, il giorno che ci ha lasciate. Quel giorno stavo tornando da scuola, e ancora prima di aprire la porta, sentii urla venire da dentro. Mi tenni pronta. Odiavo quando mamma e papà litigavano, il che succedeva praticamente sempre, e pensai che era un’altra di quelle liti.
Aprii la porta e capii subito che stavolta era diverso. C’era qualcosa di molto, molto sbagliato. Papà era lì in piedi in completa uniforme. Non aveva alcun senso. Non indossava la sua uniforme da anni. Perché ce l’ha addosso adesso?
“Tu non sei un uomo!” Gli gridava mamma. “Tu sei un vigliacco! Lasciare la tua famiglia. Per cosa? Per andare a uccidere persone innocenti?”
La faccia di papà divenne rossa, come sempre quando si arrabbiava.
“Non sai di che cosa parli!” gli urlò per risposta. “Faccio il mio dovere per il mio paese. È la cosa giusta da fare”.
“La