Название | Un Cielo Di Incantesimi |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | L’Anello Dello Stregone |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781632910400 |
Erano creature forti e veloci, ma una alla volta non erano poi così difficili da combattere per Thor e per gli abili guerrieri dell’Anello. Thor lottava con destrezza, uccidendone a destra e a manca. Eppure il problema sussisteva: contro quanti di quei mostri poteva combattere? Ce n’erano migliaia e sopraggiungevano da ogni parte e lo stesso capitava a tutti quelli che gli stavano attorno.
Thor si ritrovò accano ad Erec, Kendrick, Srog e gli altri, tutti intenti a combattere uno vicino all’altro, coprendo le spalle dei compagni mentre tiravano fendenti a destra e a sinistra, atterrando due o tre creature alla volta. Una di esse scansò i colpi e afferrò un braccio di Thor graffiandolo e facendolo sanguinare. Thor gridò di dolore e ruotò su se stesso colpendo e uccidendo il suo aggressore. Thor era un guerriero eccellente, ma il braccio già gli pulsava e non sapeva quanto tempo sarebbe passato ancora prima che quei mostri prendessero il sopravvento.
La cosa che più gli premeva, il suo primo pensiero, era di portare Gwendolyn al sicuro.
“Portala nelle retrovie!” gridò Thor afferrando Steffen, che stava combattendo contro un mostro, e spingendolo verso Gwen. “ORA!”
Steffen afferrò Gwendolyn e la trascinò via, attraversando l’esercito di soldati e allontanandosi con lei dalle bestie.
“NO!” gridò Gwen protestando. “Voglio stare qui con te!”
Ma Steffen ubbidì doverosamente all’ordine e la portò nelle retrovie della battaglia, al sicuro dietro alle migliaia di soldati dei MacGil e dell’Argento che stavano valorosamente combattendo contro quelle creature. Thor, vedendola in salvo, si sentì sollevato e si rigirò ributtandosi nel combattimento contro i morti viventi.
Thor cercò di richiamare i suoi poteri da druido, tentando di combattere con lo spirito oltre che con la spada, ma per qualche oscura ragione non ci riusciva. Era troppo esausto per l’esperienza appena conclusa sotto il potere di Andronico, per il controllo di Rafi sulla sua mente, e i suoi poteri avevano probabilmente bisogno di tempo per rigenerarsi. Avrebbe dovuto combattere con armi convenzionali.
Alistair si portò avanti, al suo fianco, sollevò una mano e la diresse contro la folla di morti viventi. Una palla di luce venne generata dal palmo e colpì numerose creature in un colpo solo.
Sollevò ripetutamente entrambe le mani, uccidendo tutte le creature attorno a lei, e mentre operava così Thor si sentì spronato, pervaso dall’energia di sua sorella. Cercò di nuovo di richiamare i suoi poteri da qualche altra parte di sé per provare a combattere non solo con la spada, ma anche con la propria mente, con lo spirito. Quando un’altra creatura gli si avvicinò, Thor sollevò entrambe le mani e cercò di richiamare il vento.
Lo sentì soffiargli attraverso i palmi e improvvisamente una decina di creature vennero scagliate in aria, guidate dal vento, ululanti, per poi precipitare di nuovo nella spaccatura della terra.
Kendrick, Erec e gli altri, accanto a Thor, continuavano a combattere valorosamente, uccidendo ciascuno decine di mostri. Lo stesso facevano tutti gli uomini attorno a loro, gridando mentre lottavano con tutte le loro forze. L’esercito dell’Impero stava indietro e lasciava che l’esercito di morti viventi di Rafi combattesse per loro, in modo da stancare gli uomini di Thor. E stava funzionando.
Presto Thor e i suoi furono esausti e iniziarono a roteare le loro armi più lentamente. Dal canto loro i morti viventi non si fermavano e continuavano a riversarsi fuori dalla terra come un’ondata interminabile.
Thor si ritrovò a respirare affannosamente, come anche gli altri. I morti viventi iniziavano intanto a irrompere tra i suoi ranghi, mentre i soldati cominciavano a cadere. Erano troppi. Tutt’attorno a Thor si levarono le grida dei suoi uomini che venivano bloccati a terra dai morti viventi che affondavano le loro zanne nelle gole e succhiavano loro il sangue. Per ogni soldato ucciso sembrava che quei mostri acquistassero nuova forza.
Thor sapeva che dovevano fare presto qualcosa. Avevano bisogno di raccogliere qualche incredibile potere per contrastare quello, un potere più forte del suo o di quello di Alistair.
“Argon!” disse improvvisamente Thor ad Alistair. “Dov’è? Dobbiamo trovarlo!”
Thor guardò Alistair e la vide divenire stanca: la sua forza stava svanendo. Una bestia le giunse accanto, le diede un manrovescio e la fece cadere gridando. Quando la creatura le balzò addosso Thor sopraggiunse e le conficcò la spada nella schiena, salvando la sorella giusto in tempo.
Poi Thor allungò una mano e la aiutò a rimettersi velocemente in piedi.
“Argon!” gridò Thor. “È la nostra unica speranza. Devi trovarlo. Ora!”
Alistair lo guardò e annuì, gettandosi nella folla.
Una creatura si parò davanti a Thor con le zanne proiettate verso la sua gola, ma Krohn scattò in avanti e le saltò addosso, ringhiando e bloccandola a terra. Un altro mostro allora si gettò sula schiena di Krohn, ma Thor lo colpì uccidendolo.
Un altro essere ancora balzò sulla schiena di Erec e Thor si lanciò in avanti, lo sollevò afferrandolo con entrambe le mani e lo scagliò addosso ad altre numerose creature, mandandole tutte a terra. Un altro mostro si lanciò contro Kendrick che non lo vide arrivare. Fu ancora Thor a sguainare il suo pugnale e ad accoltellarlo alla gola proprio prima che quello affondasse le sue zanne nella spalla di Kendrick. Thor sentiva che quello era il minimo che lui potesse fare per compensare il suo precedente attacco ad Erec, Kendrick e tutti gli altri. Si sentiva bene a combattere di nuovo dalla loro parte, dalla parte giusta. Si sentiva bene a sapere contro chi stava combattendo e per chi lo stava facendo.
Mentre Rafi stava fermo lì, con le braccia sollevate, migliaia di altre bestie continuavano ad uscire dalle viscere della terra, e Thor capì che non sarebbero stati in grado di respingerle ancora per molto. Uno sciame nero li avvolse mentre morti viventi sempre più numerosi, gomito a gomito, sopraggiungevano. Thor sapeva che presto lui e tutto il suo popolo avrebbero ceduto.
Almeno, pensò, sarebbe morto dalla parte giusta della battaglia.
CAPITOLO DUE
Luanda lottava e si dimenava mentre Romolo la trasportava tenendola in braccio, portandola a ogni passo più distante dalla sua madre patria attraversando il ponte. Luanda gridava e cercava di divincolarsi, affondava le unghie nella pelle di Romolo, cercava di fare il possibile per liberarsi. Ma le sue braccia erano troppo muscolose, forti come roccia. Aveva le spalle troppo larghe e la teneva così saldamente, stringendola come farebbe un pitone, strizzandola quasi a morte. Luanda riusciva a malapena a respirare e le costole le facevano tremendamente male.
Nonostante tutto non era per lei che si preoccupava di più. Guardando dritto davanti sé vedeva, alla lontana estremità opposta del ponte, una marea di soldati che stavano lì, con le armi pronte, in attesa. Erano tutti ansiosi che lo Scudo si disattivasse così da poter accedere al ponte. Luanda vide lo strano mantello che Romolo indossava, vibrante e scintillante mentre lui la reggeva e sentì che aveva qualcosa a che vedere con lei. Perché aveva deciso di rapire proprio lei?
Luanda provò una nuova determinazione: doveva liberarsi, non solo per se stessa ma per il suo regno, per il suo popolo. Quando Romolo avesse disattivato lo Scudo, quelle migliaia di uomini in attesa si sarebbero lanciati ad attraversare il ponte: una vasta orda di soldati dell’Impero che, come locuste, sarebbe discesa sull’Anello. Avrebbero distrutto per sempre ciò che era rimasto della sua patria e lei non poteva permettere che accadesse.
Luanda odiava Romolo con tutta se stessa. Odiava tutta quella gente dell’Impero, e sopra a tutti odiava Andronico. Una folata di vento soffiò e lei sentì la brezza fredda che le sferzava la testa calva. Sbuffò, ricordando così di non avere più capelli, l’umiliazione subita per mano di quelle bestie. Li avrebbe uccisi tutti e uno per uno se avesse potuto.
Quando Romolo l’aveva liberata dalle corde che la tenevano imprigionata all’accampamento di Andronico, inizialmente Luanda aveva pensato di essere stata risparmiata a un destino orribile, risparmiata dall’essere portata a sfilare attorno all’Impero come un animale di Andronico. Ma Romolo aveva dimostrato di essere ben peggiore