Schiava, Guerriera, Regina . Морган Райс

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Название Schiava, Guerriera, Regina
Автор произведения Морган Райс
Жанр Героическая фантастика
Серия Di Corone e di Gloria
Издательство Героическая фантастика
Год выпуска 0
isbn 9781632917119



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annuì.

      “Per quanto starai via?”

      “Cercherò di venire a trovarvi prima che nevichi.”

      “Ma sarà fra mesi!” disse lei facendo un passo indietro.

      “È quello che devo fare…”

      “No. Vendi la spada. Resta!”

      Lui le mise una mano sulla guancia.

      “Vendere questa spada potrebbe anche aiutarci per questa stagione. E forse per la prossima. E poi?” Scosse la testa. “No, abbiamo bisogno di una soluzione a lungo termine.”

      Lungo termine? Improvvisamente Ceres capì che quel nuovo lavoro non sarebbe stato solo per pochi mesi. Poteva trattarsi di anni.

      Si sentì ancora più abbattuta.

      Lui fece un passo avanti e la abbracciò.

      Ceres si mise a piangere tra le sue braccia.

      “Mi mancherai, Ceres,” le disse tenendola appoggiata contro la sua spalla. “Tu sei diversa da tutti gli altri. Ogni giorno guarderò il cielo e saprò che tu sei sotto alle stesse stelle. Farai lo stesso anche tu?”

      Inizialmente avrebbe volute gridargli contro, dirgli: come osi lasciarmi qui da sola.

      Ma sentiva nel cuore che lui non poteva restare, e non voleva rendere le cose ancora più difficili di quanto già non fossero.

      Una lacrima le scorse lungo il viso. Lei tirò su col naso e annuì con un cenno del capo.

      “Mi metterò ogni notte sotto al nostro albero,” disse.

      Lui la baciò sulla fronte e la strinse teneramente. Le ferite che aveva sulla schiena erano come coltelli, ma lei strinse i denti e rimase in silenzio.

      “Ti voglio bene, Ceres.”

      Ceres avrebbe voluto rispondere, ma non riuscì a dire nulla, aveva le parole incastrate in gola.

      Lui prese il cavallo dalla posta e lei lo aiutò a caricare il cibo, gli attrezzi e le provviste. Suo padre la abbracciò un’ultima volta e lei pensò che il petto potesse esploderle per la tristezza. Lo stesso non riuscì a pronunciare una singola parola.

      Lui montò a cavallo e fece un cenno della testa prima di far partire l’animale.

      Ceres lo salutò con la mano mentre si allontanava e lo guardò con estrema attenzione fino a che svanì dietro alla collina lontana. L’unico vero amore che mai avesse conosciuto veniva da quell’uomo. E ora lui se n’era andato.

      Iniziò a piovere, gocciolandole sulla faccia.

      “Padre!” gridò più forte che poté. “Padre, ti voglio bene!”

      Cadde in ginocchio e nascose il volto tra le mani, singhiozzando.

      Sapeva che la vita non sarebbe più stata la stessa.

      CAPITOLO TRE

      Con i piedi doloranti e i polmoni che bruciavano, Ceres risaliva la ripida collina più velocemente che poteva senza versare una goccia d’acqua dai secchi che teneva ai fianchi. Normalmente si sarebbe fermata per una pausa, ma sua madre l’aveva minacciata di non darle la colazione se non fosse tornata prima dell’alba. E niente colazione significava che non avrebbe mangiato fino a cena. Ad ogni modo non si curava del dolore: quello almeno le permetteva di tenere fuori dalla testa il pensiero di suo padre e del nuovo miserabile stato delle cose da quando se n’era andato.

      Il sole stava proprio facendo capolino da dietro il monte Alva in lontananza, dipingendo le nuvole sparpagliate di oro e rosa, mentre un vento debole soffiava appena attraverso l’erba alta e gialla che cresceva da entrambe le parti della strada. Ceres inspirò la fresca aria del mattino con il naso e si spinse ad andare più veloce. Sua madre non avrebbe accettato la scusa che il solito pozzo era prosciugato o che c’era una lunga fila all’altro che si trovava a quasi due chilometri da lì. Non si fermò fino a che non raggiunse la cima della collina, e arrivata lì si immobilizzò, stupita da ciò che si trovò davanti.

      Lì in lontananza c’era la sua casa e davanti ad essa si era fermato un carro color bronzo. Sua madre si trovava davanti allo stesso e parlava con un uomo che era così sovrappeso che Ceres pensò di non aver mai visto nessuno che arrivasse neppure alla metà della sua stazza. Indossava una tunica di lino bordeaux e un cappello di seta rossa. La barba era lunga, arruffata e grigia. Strizzò gli occhi cercando di capire. Era un mercante?

      Sua madre aveva indosso il suo abito migliore, una veste di lino verde che arrivava fino a terra e che aveva comprato anni prima con i soldi che si sarebbero dovuti usare per le scarpe nuove di Ceres. Non aveva senso.

      Con esitazione Ceres iniziò a scendere la collina. Teneva gli occhi fissi sull’uomo e quando vide che quello porgeva a sua madre un pesante borsello di pelle e notò il volto emaciato della donna illuminarsi, si fece ancora più curiosa. La loro sfortuna era mutata? Suo padre sarebbe potuto tornare a casa? Quel pensiero le alleggerì di un poco il petto, ma non si concesse di provare alcuna eccitazione fino a che non avesse appreso i dettagli della faccenda.

      Quando Ceres fu più vicina alla casa, sua madre si voltò verso di lei e le sorrise calorosamente. Immediatamente Ceres sentì un nodo di preoccupazione allo stomaco. L’ultima volta che sua madre le aveva sorriso in quel modo – i denti brillanti e gli occhi luminosi – le era arrivata una frustata.

      “Cara figliola,” le disse con tono eccessivamente dolce, aprendo le braccia verso di lei con un sorriso che le fece gelare il sangue.

      “Questa è la ragazza?” chiese l’uomo con sorriso bramoso, gli occhi luccicanti e neri che si spalancavano guardando Ceres.

      Ora che era vicina, Ceres poteva vedere ogni singola ruga sulla pelle di quell’obeso. Il suo naso largo e piatto sembrava occupargli tutta la faccia e quando si tolse il cappello la sua testa calva e sudata brillò alla luce del sole.

      La madre quasi danzò raggiungendo Ceres, le prese i secchi di mano e li appoggiò sull’erba riarsa. Solo quel gesto confermò a Ceres che c’era qualcosa che veramente non andava. Iniziò a sentire una sensazione di panico crescerle dentro.

      “Ecco il mio orgoglio e la mia gioia, la mia unica figlia Ceres,” disse sua madre fingendo di asciugarsi una lacrima da un occhio anche se non ce n’era nessuna. “Ceres, questo è Lord Blaku. Ti prego di portare rispetto per il tuo nuovo padrone.”

      Uno scatto di paura pugnalò Ceres al petto. Fece un improvviso respiro. Guardò sua madre e dando le spalle a Lord Blaku la donna le sorrise in modo estremamente malvagio.

      “Padrone?” chiese Ceres.

      “Per salvare la nostra famiglia dalla rovina finanziaria e dall’imbarazzo pubblico, il benevolo Lord Blaku ha offerto a tuo padre e a me un generoso accordo: un sacco d’oro in cambio di te.”

      “Cosa?” sussultò Ceres, sentendosi sprofondare in terra.

      “Ora fai la brava ragazza che tutti conosciamo e mostra rispetto,” le disse lanciandole un’occhiata di avvertimento.

      “No,” disse Ceres facendo un passo indietro e spingendo il petto in fuori, sentendosi stupida per non aver immediatamente capito che quell’uomo era un mercante di schiavi e che la transazione riguardava la sua vita.

      “Mio padre non mi venderebbe mai,” aggiunse a denti stretti, con crescente orrore e indignazione.

      Sua madre si accigliò e le afferrò un braccio affondandole le unghie nella pelle.

      “Se ti comporti bene quest’uomo potrebbe prenderti come moglie, il che è una cosa molto fortunata,” mormorò.

      Lord Blaku si leccò le labbra sottili e screpolate mentre i suoi occhi gonfi scorrevano avidamente lungo il corpo di Ceres. Come poteva sua madre farle una cosa del genere? Sapeva che non le voleva tanto bene quanto ai fratelli, ma proprio questo?

      “Marita,” disse l’uomo con voce nasale, “mi hai detto che tua figlia era bella, ma non mi aveva detto che era una creatura così meravigliosa. Oserei dire di non aver mai visto una donna con