Una Corona Per Gli Assassini . Морган Райс

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Название Una Corona Per Gli Assassini
Автор произведения Морган Райс
Жанр Героическая фантастика
Серия Un Trono per due Sorelle
Издательство Героическая фантастика
Год выпуска 0
isbn 9781640298866



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ordini.”

      “Forse,” confermò Sofia. Poteva vedere gente che li guardava ora, e una rapida occhiata ai pensieri di quelli che li circondavano le disse che si aspettavano che lei prendesse la parola. Non aveva programmato di farlo, ma sapeva di non poterli deludere.

      “Amici miei,” disse prendendo un bicchiere di succo di mela freddo. “Grazie a tutti per essere venuti a questa festa. È bello vedere così tanta gente che io e Sebastian conosciamo e a cui vogliamo bene, e così tanti altri che spero di avere la possibilità di conoscere nei giorni a venire. Questo giorno non sarebbe potuto succedere senza tutti voi. Senza amici, senza aiuto, io e Sebastian saremmo probabilmente stati uccisi settimane fa. Non saremmo qui insieme, né avremmo questo regno. Non avremmo la possibilità di migliorare le cose. Grazie a tutti.”

      Sollevò il bicchiere in un brindisi che gli altri accolsero rapidamente. Di impulso si girò e baciò Sebastian. Quel gesto fece levare grida di esultanza che risuonarono nei giardini, e Sofia decise che non avrebbero dovuto sgattaiolare via come Kate e Will: se avessero annunciato il desiderio di farlo, la gente li avrebbe probabilmente accompagnati alle loro stanze. Magari avrebbero dovuto provarci. Forse…

      Sentì le prime fitte in profondità, i muscoli che si contraevano con tale forza da farla quasi piegare a metà. Emise un profondo rantolo di dolore che la lasciò quasi senza fiato.

      “Sofia?” disse Sebastian. “Cosa c’è? Stai bene?”

      Sofia non riusciva a rispondere. Faceva quasi fatica a stare in piedi mentre un’altra contrazione la colpiva così violentemente da farla gridare. Attorno a lei la folla mormorava, alcuni ovviamente preoccupati mentre la musica si fermava.

      “È veleno?”

      “Sta male?”

      “Non essere stupido, è ovvio…”

      Sofia sentì qualcosa di bagnato scorrerle lungo le gambe mentre si rompevano le acque. Dopo tanto tempo di attesa, ora sembrava che tutto avesse deciso di svolgersi molto rapidamente.

      “Penso… penso che il bambino stia per nascere,” disse.

      CAPITOLO CINQUE

      Endi, Duca di Ishjemme, ascoltava il rumore graffiante delle grandi statue che venivano trascinate lungo la costa dai suoi uomini. Odiava il rumore, ma era felice per ciò che esso rappresentava. La liberà per Ishjemme. La libertà per la sua gente. Oggi sarebbe stato un simbolo e un segno che la sua gente non avrebbe dimenticato.

      “Avremmo dovuto distruggere le statue dei Danse anni fa,” disse a suo fratello.

      Oli annuì. “Se lo dici tu, Endi.”

      Endi colse il tono di incertezza. Diede una pacca sulla spalla a suo fratello e sentì Oli sussultare. “Non sei d’accordo, fratello? Andiamo, puoi dirmi la verità. Non sono un mostro che vuole solo sentire la gente che dice sì.”

      “Beh…” inizio Oli.

      “Seriamente, Oli,” disse Endi. “Non dovresti avere paura di me. Sei parte della mia famiglia.”

      “È solo che queste statue sono parte della nostra storia,” disse Oli.

      Ora Endi capiva. Avrebbe dovuto immaginare che il suo fratello amante dei libri avrebbe odiato distruggere qualsiasi cosa fosse collegata al passato; ma era passato, ed Endi intendeva fare in modo che rimanesse tale.

      “Hanno controllato la nostra patria troppo a lungo,” disse Endi. “Fintanto che abbiamo qualcosa che ce li ricorda lungo i fiordi insieme ai nostri veri eroi, sarà come affermare che possono tornare quando vogliono per governare su di noi. Capisci, Oli?”

      Oli annuì. “Capisco.”

      “Bene,” disse Endi, e fece segno ai suoi uomini perché iniziassero a lavorare con asce e martelli, distruggendo le statue, riducendole in macerie che sarebbero andate bene per ricostruire qualcos’altro. Era bello vedere l’immagine di Lord Alfred e Lady Christina che venivano distrutte. Era un promemoria che Ishjemme ora non apparteneva a loro e neanche ai loro figli.

      “Le cose cambieranno, Oli,” disse Endi. “E cambieranno per il meglio. Ci saranno case per tutti quelli che ne hanno bisogno, salvezza per il regno, migliori commerci… Come stanno andando le cose con il mio progetto del canale?”

      Era un progetto ambizioso, cercare di collegare i fiordi di Ishjemme, dato il numero di montagne che costeggiavano la penisola interna, eppure se avesse avuto successo, Ishjemme sarebbe potuta diventare ricca come qualsiasi altro stato mercantile. Significava anche che suo fratello aveva qualcosa di utile da fare, tenendo sott’occhio i progressi, assicurandosi che ci fossero buone mappe da usare.

      “È difficile andare avanti,” disse Oli. “Passare attraverso le montagne e costruire passaggi per le barche richiede un sacco di uomini.”

      “E un sacco di tempo,” disse Endi, “ma ci arriveremo. Dobbiamo.”

      Avrebbe mostrato al mondo cosa poteva essere Ishjemme. Avrebbe mostrato alla sua famiglia quanta tradizione era stata trattenuta. Con un progetto del genere a suo nome, probabilmente tutti i suoi fratelli e sorelle avrebbero riconosciuto che lui avrebbe sempre dovuto essere l’erede di suo padre.

      “Abbiamo già dovuto ritracciare diverse sezioni,” disse Oli. “Ci sono proprietà agricole in mezzo, e la gente è riluttante a lasciare le proprie case.”

      “Hai offerto loro del denaro?” chiese Endi.

      Oli annuì. “Come tu hai detto di fare, e alcuni se ne sono andati, ma ci sono persone che vivono lì da generazioni.”

      “Il progresso è necessario,” disse Endi mentre i colpi di martello continuavano. “Ma non ti preoccupare, risolveremo presto il problema.”

      Si portarono dove altri uomini stavano lavorando su delle navi. Endi voleva sapere di ogni nave che arrivava al porto adesso. Aveva passato fin troppo tempo a gestire spie e assassini da sapere quanto facilmente fossero capaci di intrufolarsi. Guardò i progressi degli uomini mentre lavoravano per sostituire alcune delle barche che erano ancora incastrate nell’acqua. Ishjemme doveva essere difesa.

      “Endi, posso farti una domanda?” chiese Oli.

      “Certo che puoi, fratello,” disse Endi. “Anche se sei tu quello intelligente. Sospetto che non ci siano molte cose che mi chiederesti e di cui tu non abbia già letto nei tuoi libri.”

      In verità, Endi sospettava che ci fossero un sacco di cose che lui conosceva e di cui suo fratello non era al corrente, soprattutto riguardo ai segreti tenuti dalla gente, o cose che la gente faceva per complottare contro i propri avversari. Quello era il suo mondo.

      “Si tratta di Rika,” disse Oli.

      “Ah,” rispose Endi piegando la testa di lato.

      “Quando le permetterai di uscire dalle sue stanze, Endi?” chiese Oli. “È chiusa là dentro da settimane ormai.”

      Endi annuì tristemente. La sua sorella più giovane si stava dimostrando sorprendentemente intransigente. “Cosa vuoi che faccia? Non posso lasciarla uscire quando è di umore così ribelle. La cosa migliore che posso fare è tenerla a suo agio con il miglior cibo e con la sua arpa. Se la gente la vede in disaccordo con ogni passo che faccio, ci farà apparire deboli, Oli.”

      “Lo stesso,” disse Oli, “non è dentro già da abbastanza tempo?”

      “Non si tratta di mandarla a letto senza cena perché ha rubato una delle bambole di Frig,” disse Endi con un sorriso al pensiero di Frig che giocava con le bambole piuttosto che con le spade. “Non posso permetterle di uscire fino a che non avrà dimostrato che ci si può fidare di lei. Fino a che non mi avrà giurato fedeltà, se ne starà lì.”

      “Potrebbe passare molto tempo,” disse Oli.

      “Lo so,” rispose Endi con un triste sospiro. Non gli piaceva tenere sua sorella